I doppi guai delle case di riposo

C’è un doppio allarme per le case di riposo nella provincia dall’età media più alta d’Italia: riguarda i contratti di chi ci lavora e riguarda le rette di chi deve essere ospitato. Entrambi sono emersi sui media locali pressoché in contemporanea, insieme alle immagini delle bandiere dei sindacati sotto la prefettura. Il presidio si è svolto venerdì e i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil sono poi stati ricevuti dal prefetto Silvana D’Agostino. Le rimostranze riguardano le strutture che non applicano i contratti nazionali ma anche quelle che lo applicano, a cifre rimaste ferme dal 2019 che sono irrisorie rispetto all’impegno e alla responsabilità che il lavoro con anziani spesso non autosufficienti comporta. «Lavorando sui tre turni» ha detto a La Stampa Cristina Martiner Bot della Cgil «si prendono 1100 euro». Tre turni significa quello della mattina, il pomeriggio e la notte. I sindacalisti hanno chiesto al prefetto di scrivere alla Regione per chiedere controlli più puntuali verso chi disattende i contratti nazionali citando esempi: a Candelo dove esiste un contratto per i vecchi assunti e uno a condizioni peggiori per i nuovi dipendenti, a Miagliano, a Cavaglià e Piedicavallo dove esistono appartamenti per persone con disabilità, a Viverone e Ronco dove le case di riposo hanno scelto di applicare da un giorno all’altro condizioni diverse «non sul piano economico ma peggiorative nella parte normativa». Poi c’è il problema delle risorse per le famiglie dove vivono persone che hanno bisogno di assistenza, portato alla luce da Paola Garbella, che dirige il gruppo Cerino Zegna che comprende le strutture di Occhieppo Inferiore, Cossato e Lessona: «Ben venga che finalmente il governo Meloni abbia fatto una legge quadro» ha detto a Il Biellese Garbella, candidata sconfitta pochi mesi fa nella corsa alla presidenza della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella. «Ma non è stato inserito niente relativo all’autosufficienza. Stiamo sempre più abbandonando al loro destino chi non ha risorse». Le cifre dicono che sono 2.211 i posti nelle residenze sanitarie assistite in provincia. Di questi 1.600 sono accreditati, ovvero destinati a persone per cui potenzialmente la sanità pubblica contribuisce al pagamento della retta. «La regola» spiega Garbella «stabilisce che se c’è una convenzione, il costo dell’anziano ricade per metà sulla famiglia e per metà sulla struttura sanitaria. Ma se la convenzione manca è tutto sulle spalle della famiglia. Su 1.600 posti accreditati nel Biellese, le quote sanitarie sono appena 600, meno della metà. Ciò significa che nella maggioranza dei casi i posti sono tutti in capo alle famiglie». E poi c’è il problema della domanda di spazi che, data l’età media della provincia, è destinata a salire: «Anche chi paga al momento è difficile che trovi posto».
Ipse dixit
“I social hanno dimostrato, come spesso accade, il lato peggiore. Un odio senza un senso, senza una proporzione rispetto a un’accusa che io naturalmente nego. Che io respingo. Anche in riferimento a quell’accusa c’è stata una sproporzione assoluta. Ho dovuto gestire una situazione di questo tipo, anche a livello familiare, per poi però andare avanti con tranquillità e determinazione e continuare a svolgere un ruolo nel migliore dei modi, sia per il nostro territorio che per il mio partito e per gli interessi e i principi nei quali io mi sono sempre riconosciuto e mi riconosco”
(Dalla prima intervista su La Stampa al deputato Emanuele Pozzolo, unico indagato per il colpo di pistola che ha ferito una persona alla festa di capodanno di Rosazza)
Bielmonte e la neve
Ci sono luoghi comuni che a Biella ritornano inesorabili: quando c’è la fiera poi piove, se sali al Piazzo in funicolare poi rimani bloccato, a Bielmonte chiudono gli impianti di sci quando nevica. È successo anche lunedì pomeriggio quando dal punto più alto dell’Oasi Zegna è arrivata la notizia che seggiovie e skilift sarebbero rimasti inattivi per due giorni, una novità comunicata insieme al dettaglio che in poche ore erano caduti quaranta centimetri di neve. Apriti cielo, anzi apriti social: il commentatore medio biellese si è lasciato abbracciare forte dal luogo comune non senza qualche ragione. È già successo che lassù a Bielmonte ci si ingegnasse per settimane con i cannoni sparaneve pur di avere qualche pista agibile e poi di dover restare fermi con l’arrivo della neve vera che rendeva pericoloso il transito sulla Panoramica Zegna. Il dito accusatore del popolo si è indirizzato proprio da quella parte, immaginando un altro caso di disservizio all’italiana con il paradosso della stazione per gli sport invernali che non si può raggiungere non appena l’inverno si comporta da inverno, perché non si è investito in tempo in macchine spazzatrici, barriere paravalanghe e simili. Ma, come spiega la laconica comunicazione partita lunedì da Bielmonte, qui lo stop arriva da ancora più in alto: è stata la Prefettura a disporre il fermo degli impianti di risalita perché il bollettino regionale di allerta idrogeologica aveva messo le montagne biellesi in allerta gialla. È quella più moderata, è vero, ma è pur sempre una situazione di rischio potenziale che la Prefettura ha dunque scelto di affrontare con lo stop totale. E davanti a una decisione di chi rappresenta il Governo sul territorio non ci sono spazzaneve o paravalanghe che tengano. Salvo sorprese, domani le piste di Bielmonte torneranno ad accogliere gli sciatori e con una grande quantità di neve fresca.
Cosa succede in città
Oggi alle 16 a Chiavazza l’asilo nido Alba Spina ospita un nuovo appuntamento con l’iniziativa “Piccoli lettori in erba”, laboratorio di avvicinamento al mondo dei libri per le bambine e i bambini fino a 6 anni. Si leggerà “Piccolo blu e piccolo giallo”, il libro dello scrittore e illustratore statunitense Leo Lionni in cui i due protagonisti, abbracciandosi, si mescolano e diventano dello stesso colore. Quel libro finì al centro di polemiche quasi dieci anni fa quando l’allora sindaco di Venezia Luigi Brugnaro provò a bandirlo dalle biblioteche della città perché trattava «argomenti che non devono essere affrontati dalla scuola, ma dai genitori»
Oggi alle 16 a Cossato il ciclo “Incontri del pomeriggio” dell’università popolare UpbEduca la conversazione con Elena Tosatti sul linguaggio del corpo. Nella sede di via Martiri della Libertà 14 l’ingresso è libero
Oggi alle 21 a Candelo l’associazione diocesana giovanile Hope Club porta al cinema Verdi il film “Benvenuti in galera”, documentario del 2023 che racconta la storia del ristorante aperto nel carcere di Bollate, alla periferia di Milano, e gestito dai detenuti. Saranno presenti alla proiezione il regista Michele Rho e l’imprenditrice Silvia Polleri, ideatrice dell’iniziativa. Ingresso a 6 euro
Il ritorno di Massimo Giletti
Per celebrare il traguardo importante dei settant’anni della televisione italiana, la Rai ha scelto Massimo Giletti: il giornalista e conduttore biellese sarà il padrone di casa questa sera alle 21,30 su Rai1 dello spettacolo “La tv fa 70”, dedicato all’anniversario e con ospiti che saranno anche testimoni oculari di pezzi di storia del piccolo schermo nostrano, da Renzo Arbore a Pippo Baudo. Si è dunque trasformato in realtà quello che si era immaginato quando Giletti era comparso in un promo della trasmissione “Viva Rai2” di Fiorello: il suo ritorno alla tv di Stato. Lui, in una lunga intervista a La Stampa di ieri, in realtà si definisce «in prova» e sembra dedicare più attenzione a togliersi qualche sassolino dalle scarpe rispetto a discorsi sul suo futuro professionale. Del primo addio alla Rai, dice, «fui gentilmente ma senza complimenti accompagnato all’uscita. Piansi alla prima conferenza stampa di La7 perché sentivo quell’addio». Non meno traumatico l’abbandono proprio a La7 dell’anno scorso quando venne interrotta quasi all’improvviso la sua trasmissione “Non è l’arena”, accusata di costare ben più dei ricavi che garantiva: «Ho preferito il silenzio e mi sono mosso per via giudiziaria» dice Giletti nell’intervista. «Un giorno Cairo mi spiegherà perché l’amministratore delegato Marco Ghigliani il 10 marzo, solo un mese prima che lui spegnesse il programma, mi avvisò per sms che il mio contratto sarebbe stato rinnovato per due anni». Il conduttore ne approfitta anche per un piccolo sfoggio di autostima, pur in una circostanza ansiogena come il fatto di vivere sotto scorta dopo le sue puntate sulla mafia e su presunte rivelazioni che ora stanno vagliando i magistrati: «Il potere non vuole che esistano diverse visioni di un solo fatto. Durante la guerra Russia-Ucraina, sono stato attaccato perché sono andato in Russia. In quel periodo esisteva solo il “ministero della verità” e le posizioni critiche non erano ammesse. Oggi in un mondo che ha sostituito il fuori onda all'onda, bisogna avere il coraggio di raccontare, anche a costo di disturbare il manovratore». Il suo “Non è l’arena” subì critiche non solo per il modo di raccontare i primi mesi della guerra in Ucraina ma, prima ancora, per lo spazio dato a teorie del complotto su coronavirus e vaccini. Stasera, probabilmente, si parlerà di intrattenimento. E tutto filerà più liscio.