
Marzio Olivero dà l’impressione di avere una cravatta da abbinare anche al pigiama, per non rinunciare al suo aspetto impeccabilmente elegante nemmeno di notte. E la pacatezza, magari indotta da qualche gesto che tradisce qualcosa che bolle dentro, come la mano che sistema spesso il colletto o il microfono durante un discorso, è certamente una delle sue caratteristiche. Mercoledì in consiglio comunale è andato a tanto così dal perdere la pazienza, con il tono della voce che si è alzato di qualche decibel, quando ha risposto a un’interrogazione del consigliere Karim El Motarajji (Movimento 5 Stelle) che gli chiedeva di appendere striscioni di benvenuto agli Alpini durante l’adunata in cui fosse menzionata la medaglia d’oro al valor militare con la sua motivazione: per la Resistenza. «Al sindaco Olivero» ha sibilato «se non va alle cerimonie si stigmatizza che non ci va e se va gli si cronometra l’intervento e gli si dice quali parole usa o non usa». E poi l’osservazione sul dettaglio che a lui vengono fatte (e verranno fatte: la prossima riguarda la revoca della cittadinanza onoraria conferita esattamente cento anni fa a Benito Mussolini) richieste che per anni non sono state poste ai predecessori di centrosinistra, in cui ha annoverato perfino Luigi Petrini, democristiano alla guida di una giunta del vecchio pentapartito, in cui di sinistra invero ce n’era pochina. Olivero però sbaglia a stupirsene, perché doveva aspettarselo. Così come doveva aspettarsi che si sarebbero alzati i toni sulla luminaria con la scritta “Xmas” come un battaglione repubblichino davanti a villa Schneider dove torturavano i partigiani, o qualche voce (peraltro rintuzzata perfino da centrosinistra) che criticasse la sua presenza alla commemorazione dell’eccidio di Riva a dicembre. Le opposizioni fanno le opposizioni e sanno che quello è un tema sensibile e pure semplice da capire per l’opinione pubblica, pur nella consapevolezza (parole di El Motarajji in consiglio) che «con queste richieste non si risolvono i grandi problemi della città»: Marzio Olivero è il primo sindaco di Biella, medaglia d’oro per la Resistenza, che ha iniziato a fare politica nel Movimento Sociale Italiano, il partito nato nel secondo dopoguerra da reduci della Repubblica di Salò, se non fedeli a quello che fu il fascismo, almeno ammiratori. Che gli si soppesi ogni sillaba e ogni presenza (o assenza, come alla commemorazione dell’eccidio di Salussola di pochi giorni fa) quando si parla di chi il fascismo lo cacciò, doveva aspettarselo fin dal minuto zero del suo ingresso a palazzo Oropa. Non molti anni fa, quando non c’era ancora l’esigenza di apparire istituzionali, c’erano eredi del Msi anche a Biella che, a ogni 25 aprile, usavano i social per provocare con un “buon San Marco”, l’unica festa che riconoscevano in quel giorno. Oggi che Fratelli d’Italia è a buon titolo nelle istituzioni a tutti i livelli, da Roma a Biella, nessuno rischierebbe uno scivolone del genere (e chissà se tutti-tutti hanno smesso di pensarlo). Ma resta un punto su cui Olivero, per l’intera legislatura, dovrà aspettarsi attenzioni speciali qualsiasi cosa decida di fare: il 24 aprile è vicino, così come il calendario di manifestazioni per l’ottantesimo anniversario della Liberazione, in cui il Comune non sembra coinvolto per nulla. E così come l’approdo in consiglio della mozione sulla cittadinanza a Mussolini.
Ipse dixit
“Io per carattere sono pessimista ma nel lavoro sono ottimista e per me non esistono bicchieri mezzi pieni ma solo mezzi vuoti che vanno riempiti”
(Alessandro Barberis Canonico, presidente dell’Unione industriale biellese, intervistato da La Stampa)
Il verso sulla Libia
“Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana” recita la preghiera dell’Alpino. Sono parole in fondo ovvie, dato che si parla di un pezzo dell’esercito che, per natura, impugna armi in tempo di guerra o di pace. Suonano magari strane pensando a quando le si recita in una chiesa, nel bel mezzo di una Messa, dove c’è anche la parola di Gesù sull’amore verso il prossimo. “La nostra penna è il nostro vessillo, dal caldo della Libia al freddo in Russia” c’è scritto invece in due versi di una delle sei quartine dell’inno dell’adunata degli Alpini di Biella. La Russia fu tragedia immensa: Mussolini vi spedì gli Alpini male armati e peggio equipaggiati per invadere il nemico sovietico al seguito dei soldati nazisti. Tornarono indietro decimati, affamati, traumatizzati dalle scene atroci viste durante la lunga ritirata. Parlare degli Alpini in Libia è in un certo senso una citazione di uno dei canti spesso eseguiti dai cori di penne nere («A colpi disperati mezzi massacrati dalle baionette i turchi fuggivano gridando...») ma è anche un ricordo della guerra contro la Turchia che portò, nel 1912, al riconoscimento di un protettorato italiano su buona parte dell’attuale territorio libico. Era una guerra coloniale, una di quelle azioni che con gli occhi di oggi si stigmatizzano e si considerano eticamente deplorevoli. Vi parteciparono sei battaglioni di Alpini. Nelle sei quartine dell’inno biellese, si menzionano la fondazione del corpo militare, le vittorie e le sconfitte della Prima guerra mondiale, l’Italia «a volte ingiusta», tiepido riferimento al conflitto combattuto in nome del fascismo, la fine del servizio militare obbligatorio e la trasformazione dell’arruolamento volontario e l’arrivo nelle caserme delle donne. Non si citano le imprese non militari, quelle che gli Alpini amano raggruppare anno dopo anno nel loro “libro verde” che sintetizza il bene fatto con la protezione civile, la generosità, il sostegno alla società di territori grandi e piccoli. Massimo Folli, il maestro direttore della banda Verdi che ha composto l’inno con Ettore Galvani, ha replicato alle critiche su La Provincia di Biella: «Abbiamo proposto un testo che richiama e ripercorre le principali tappe, le medaglie e la storia del corpo, il passato, non quella che è l’odierna evoluzione. Retoriche o no, sono cose che sono accadute». Folli rivendica la sua lunga storia da “musicista civico” che lo portò a suonare anche nel giorno in cui in città l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini appuntò sul gonfalone la medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza: «Questo è semplicemente un testo dedicato a un corpo militare, la politica non c’entra proprio nulla. Chi mi conosce sa benissimo che per me la musica è un linguaggio universale e apolitico che crea ponti, non discriminazione».
Cosa succede in città
Oggi alle 18 a Biella si tiene alla biblioteca Frassati di piazza Curiel il primo di due incontri organizzati dall’istituto comprensivo San Francesco e dalla Fondazione Olly su adulti e minori nell’era digitale. Intervengono le esperte Federica De Santis e Carola Spriet e le avvocate Ilaria Sala e Nicoletta Verardo
I titoli della settimana
Le notizie principali degli ultimi sette giorni secondo le prime pagine dei giornali locali
Lunedì 24
Eco di Biella Biellese in D: il sogno è realtà
Martedì 25
Il Biellese In centro addio al 35% dei negozi
La Stampa La rinascita del calcio bianconero: “Siamo in D e dobbiamo restarci”
Mercoledì 26
La Provincia di Biella Chiusa la concessionaria Viotti
La Stampa Biella, il turismo entra in fabbrica con il giro delle imprese storiche
Giovedì 27
Eco di Biella Un super primario per la “gastro”
La Stampa Galleria Rosazza a rischio chiusura: “Senza illuminazione è pericolosa”
Venerdì 28
Il Biellese Tentata violenza sessuale: prof dell’Itis condannato
La Stampa Biella, l’adunata nazionale Alpini apre i parcheggi di banche e iper
Sabato 29
La Provincia di Biella Precipita dal balcone di casa
La Stampa Il tessile e la sfida della grande svolta: “Bisogna cambiare in modo radicale”
Domenica 30
La Stampa Dalla Resistenza al ricordo del Duce, il pressing della sinistra sul sindaco