Il contratto dei tessili
La data è il 31 marzo, fra poco più di due mesi: è il giorno in cui scadrà il contratto nazionale dei lavoratori del tessile. Da lì o, presumibilmente, anche prima inizierà la trattativa per rinnovarlo con i sindacati seduti da una parte e le imprese del sistema moda, numerose delle quali hanno sede a Biella, dall’altra. In una Biella che, contrazione della forza lavoro o no, ha ancora nelle filature e nei lanifici la maggioranza relativa della sua forza lavoro, si aspettano novità. Ad alzare l’attesa è una frase pronunciata da Lorenzo Boffa Sandalina, segretario provinciale della Cgil, a La Stampa. Commentando le previsioni nefaste su un 2024 in cui il carovita si farà ancora sentire, ha detto: «Siamo vittime di una tragica speculazione. Serve un rinnovo del contratto nazionale. E speriamo che l’anno nuovo possa regalare ai dipendenti del tessile e dei servizi una boccata di ossigeno concreta». L’ultimo rinnovo è del 2021, quando l’inflazione era ancora piatta e i segni della ripresa post-pandemia erano solo immaginati. Il 2024 inizia con due anni consecutivi di crescita di fatturato ed esportazioni per il sistema economico locale e con un giro di affari che ha superato le cifre del 2019, prima della tempesta legata al coronavirus. Il tasso di disoccupazione è sceso sotto il 4% in provincia. Non si sono mossi, ovviamente, i salari che dipendono proprio da quel contratto mentre il costo della vita, lui sì, ha ricominciato a galoppare con ritmi di altri tempi, sospinto dalle guerre che hanno complicato la situazione geopolitica e hanno reso le materie prime e l’energia più care. Il contratto dei tessili è anche quello che, nella sua paga base, non supera la soglia (ormai immaginaria visto che il disegno di legge è stato accantonato dal governo Meloni) di 9 euro lordi all’ora, quella che era stata pensata per il salario minimo. Gli 8,6 euro del primo livello vengono “aggiustati” dagli accordi integrativi aziendali ma danno la misura del fatto che il contratto dei tessili sia tra i meno ricchi in media tra quelli del settore privato in Italia. Forse anche la questione salariale rende complicato, come denunciano da mesi gli imprenditori, trovare i dipendenti di cui avrebbero bisogno e che fanno fatica a reperire. «La situazione attuale» ammonisce, sempre dalle colonne de La Stampa Boffa Sandalina «si traduce in una crescita delle difficoltà di lavoratrici e lavoratori nel far fronte alle spese familiari, a causa di una dinamica delle retribuzioni che non riesce a garantire in maniera tempestiva il recupero dell’inflazione. Ciò rischia di creare una spirale negativa anche nei settori produttivi, provocando un ulteriore rallentamento delle dinamiche economiche a causa del calo dei consumi». A ottobre l’Unione industriale biellese aveva fatto sentire la sua voce contro la proposta di legge sul salario minimo attraverso una nota del suo vicepresidente Giancarlo Ormezzano. Secondo lui sarebbe stato più oppurtuno «ridurre il cuneo fiscale e contributivo per avvicinare il costo del lavoro in Italia alle media Ocse e aumentare il potere d’acquisto delle persone». Per cuneo fiscale s’intende la distanza che si allarga tra il netto percepito in busta paga dal lavoratore e il lordo dovuto dall’azienda che prevede anche la quota mensile di tasse e di versamenti all’Inps. La legge finanziaria approvata a fine anno è andata incontro a questa richiesta confermando un calo del 7% dei contributi per i redditi fino a 20mila euro annui e del 6% per quelli fino a 35mila. Si tratta di provvedimenti finanziati “in deficit”, cioè aggravando il debito pubblico e non con misure strutturali come il taglio di altre voci di costo. Come osserva Il Sole 24 Ore, inoltre, superare la soglia dei 35mila euro annui anche di un solo euro costa al lavoratore 1100 euro di mancati benefici.
Ipse dixit
“Se voglio andare a Biella nel pomeriggio sono in ansia, non posso andarci da sola. Hanno messo noi ai domiciliari”
(Tiziana Suman, madre della vittima di omicidio Erika Preti, intervistata dalla trasmissione tv “Pomeriggio 5” sull’incontro imprevisto con l’uomo condannato per aver ucciso la figlia, durante le sue tre ore quotidiane di permesso di uscita dagli arresti domiciliari. La frase è riportata su Eco di Biella)
Il contratto nelle case di riposo
C’è una categoria di lavoratrici e lavoratori che tiene in piedi un settore chiave in una delle province più anziane d’Italia: sono le operatrici e gli operatori socioassistenziali, gli “oss” come ormai vengono definiti usando solo la sigla. Nonostante il loro sia un impegno fondamentale, nei servizi a domicilio, nelle case di riposo o nelle strutture sanitarie, la loro paga non è proporzionata né alla fatica di un impiego che prevede anche i turni di notte e i giorni festivi né al peso specifico di un lavoro indispensabile per le famiglie che hanno necessità di far assistere una persona. Sempre La Stampa riporta la testimonianza di una “oss” di una casa di riposo e della sua fatica per arrivare alla fine del mese: «Ho 61 anni e anche se lavoro duramente, temo di non riuscire ad andare avanti così. Abito da sola, le spese continuano ad aumentare mentre lo stipendio non basta più. Gli aumenti che ormai si registrano a carico di ogni bene essenziale, dalle bollette alla spesa alimentare, mettono in ginocchio anche noi che un'occupazione ce l'abbiamo». Da una parte ci sono i rincari e dall’altra c’è uno stipendio oggettivamente basso: «Spazia dai 900 ai mille euro, da questi devo sottrarre 400 euro per l'affitto di un appartamento arredato in città e 200 circa di spese per la benzina anche se l'auto la uso il minimo indispensabile. Quando arriva la bolletta del riscaldamento, quel mese diventa ancor più difficile sopravvivere a tutto». Lo stipendio medio degli operatori socio sanitari dipende dal settore in cui lavorano: si calcolano 900 euro per chi lavora attraverso una cooperativa sociale, da 900 a 1600 per il settore privato, tra 1200 e 1300 negli ospedali e nelle strutture pubbliche, fino a 1500 nelle cliniche private.
Cosa succede in città
Oggi a Cossato è in programma il ritorno nel Biellese di Alessandro Barbero, lo storico e docente universitario che solo due settimane fa ha portato trecento persone in biblioteca a Biella lasciandone altrettante fuori. L’appuntamento è riservato solo alle allieve e agli allievi del liceo del Cossatese e Vallestrona, che hanno invitato Barbero per la loro rassegna “Meet the writer”. Gli incontri precedenti e quelli che seguiranno sono pubblici. In questo caso, la conferenza è un dono riservato alla scuola
Oggi alle 18 a Biella Paolo Furia, docente universitario di filosofia, terrà una lezione al Centro servizi volontariato di via Orfanotrofio invutato dalle associazioni del tavolo carcere. Il tema è “Giustizia e pratiche di comunità”
Oggi alle 21 a Biella allo spazio Hydro la serata è dedicata al teatro con la rappresentazione di “Un Gramsci mai visto”, testo dello storico e docente universitario Angelo D’Orsi dedicato a uno dei fondatori del Partito comunista italiano. Le parole di D’Orsi saranno accompagnate dalla chitarra di Angelo Giglio. L’ingresso è a offerta libera ma è necessario avere la tessera Arci o Anpi. Una replica è prevista domani alle 21 al liceo scientifico di Ivrea
Oggi alle 21 a Sandigliano lo scrittore biellese Luca Pasquadibisceglie presenterà il suo terzo romanzo “Le attese” al teatro di via Maroino. Info al 349.6850773 o al 328.4160887
Il contratto dei sindaci
«Corradino vola a 10mila euro» ha titolato ieri con grande enfasi Eco di Biella, commentando il terzo ritocco verso l’alto in tre anni dello stipendio di tutti i sindaci italiani, non solo di quello del nostro capoluogo. Così era stabilito da tempo, da quando una norma della legge finanziaria del 2022 (governo Draghi) ha alzato l’indennità dei pubblici amministratori locali, aggiungendo uno stanziamento statale che non costringesse i municipi a svuotare le proprie casse per pagare i primi cittadini. Claudio Corradino è così arrivato a 9.660 euro lordi al mese, il 70 per cento dell’indennità che spetta ai presidenti delle Regioni. Nel 2022 il primo ritocco era stato il più cospicuo, del 45% rispetto al precedente. A inizio 2023 si era arrivati al secondo aumento graduale e da questo mese la riparametrazione è arrivata a pieno regime. Il sindaco di Biella è in “quarta fascia” tra gli amministratori pubblici: più di lui incassano i sindaci delle città metropolitane, quelli dei capoluoghi di regione e quelli dei capoluoghi di provincia con popolazione tra 50 e 100mila abitanti. Sono contestualmente salite anche le indennità di vicesindaco, assessori e presidente del consiglio comunale. Insieme all’indennità di Corradino sono cresciute anche quelle dei primi cittadini di tutta la provincia: la maggioranza rientra nella fascia più bassa, fino a tremila residenti, e arriva a incassare 2.208 euro lordi (erano 1.659 fino al 2021). Quelli tra 3 e 5mila abitanti (Gaglianico, Mongrando o Andorno per fare tre esempi) sono passati in tre anni da 1.952 a 3.036 euro lordi. Candelo e Vigliano, unici tra 5 e 10mila, sono saliti a 4.002, 1.500 euro in più rispetto al passato. I sindaci Carli e Moggio di Valdilana e Cossato percepiranno da questo mese 4.140 euro contro 2.788. Quest’ultima cifra era stata usata come termine di paragone da Claudio Corradino quando, nell’estate del 2019, uno dei suoi primi atti dopo l’elezione fu ritoccare le indennità sua e dei colleghi di giunta: 3.718 euro lordi per lui da 2.733, 2.788 per il vicesindaco, 2.231 per assessori e presidente del consiglio comunale. In quel caso non ci furono contributi statali ma la spesa fu a carico delle casse di palazzo Oropa. La dieta dell’indennità da primo cittadino era iniziata con la decisione di Dino Gentile, quando era sindaco per il centrodestra, di decurtarla del 30%, decisione mantenuta dal successore di centrosinistra Marco Cavicchioli. La sua giunta, con sette assessori alcuni dei quali a indennità dimezzata perché non avevano chiesto aspettativa dal lavoro, costava ogni mese alla collettività 11.570,07 euro lordi, poco più dell’attuale indennità corrisposta (con l’aiuto dello Stato) al solo Corradino.