La strana storia della tassa di soggiorno
Cresce anno dopo anno il gettito della tassa di soggiorno per i Comuni italiani: secondo Il Sole 24 Ore nel 2023 supererà 700 milioni di euro di incasso. Sale anche il numero di municipi che l’hanno imposta: sono 1.013. Tra questi Biella non c’è o, se fosse nell’elenco, si tratterebbe di una questione di forma: esiste un regolamento in città per applicare l’imposta supplementare ai turisti e a coloro che, anche per ragioni di lavoro, passano una o più notti in un albergo o in un bed and breakfast in provincia. Ma dal 2020 della pandemia è sospeso, azzerando i possibili introiti per il Comune. La tassa di soggiorno ha da sempre nel capoluogo un percorso travagliato: fu istituita nel 2012 dall’allora sindaco di centrodestra Dino Gentile che, al primo passaggio in aula della delibera, rischiò una crisi di giunta perché una ribellione interna all’allora Popolo delle Libertà, partito che sommava Forza Italia e Alleanza Nazionale, votò contro. Fu tale il livello dello scontro che Gentile revocò le deleghe a mezza giunta, comprese quelle all’attuale parlamentare Roberto Pella e a Massimiliano Gaggino, oggi di nuovo assessore. Alla fine la crisi fu ricomposta e la delibera fu approvata. Ma durò poco. La nuova amministrazione di centrosinistra scelse, tra i primissimi atti amministrativi del suo mandato, di revocarla. Era il novembre del 2014, primo bilancio proposto dalla giunta Cavicchioli: secondo l’allora assessore al Bilancio Giorgio Gaido l’ammontare dell’introito (circa 100mila euro annui) non valeva lo sforzo degli uffici per gestire la riscossione. Fu di nuovo tempesta, questa volta dai banchi dell’opposizione. Il più scatenato fu Andrea Delmastro, l’attuale sottosegretario di Fratelli d’Italia, arrabbiato perché si era tolta un’imposta che non gravava sui biellesi ma sui villeggianti. «Valeva la pena di perdere le elezioni» punzecchiò «per vedere una giunta di sinistra togliere ai poveri per dare ai ricchi». Altrettanto in fretta, con il nuovo cambio di amministrazione nel 2019, la giunta Corradino istituì nuovamente la tassa. Ma poi è arrivata la pandemia e nel novembre del 2020 il consiglio comunale votò una delibera per sospenderla, per «evitare ulteriori penalizzazioni della domanda e adottare strumenti di sollievo dalla difficile situazione». Votò a favore (e non poteva essere altrimenti viste le scelte precedenti in materia) anche il Partito Democratico benché in minoranza. Da allora la tassa di soggiorno risulta ancora riposta in ghiacciaia. L’ultima dichiarazione sul tema risale a più di un anno fa: «Era stata sospesa per l'emergenza» spiegò l’assessora al Turismo Barbara Greggio a Newsbiella nel maggio 2022. «Adesso iniziamo a riprendere a vivere ma ci sono ancora tante attività che sono in difficoltà e non ce la sentiamo di introdurla proprio adesso. Se ne riparlerà. Stiamo lavorando tanto per portare turismo a Biella, facciamo un passo alla volta». In realtà non se ne è riparlato e fa quasi specie, per un tema che a più riprese ha scatenato liti e discussioni anche sopra le righe. Secondo il sito web del Comune, il provvedimento è tuttora sospeso, nel silenzio generale sia di chi l’ha difesa a spada sguainata sia di chi aveva deciso di farne a meno e adesso potrebbe gongolare.
Ipse dixit
“È venuto il momento inderogabile della competenza che è ciò che chiedono i cittadini e ciò che noi dobbiamo garantire. Dedizione e passione non bastano più. Bisogna dare risposte puntuali ai problemi con persone che siano esperte di queste cose”
(Roberto Simonetti, segretario provinciale della Lega, a Il Biellese)
Quando i profughi arrivavano dal Vietnam
Li chiamavano “boat people”, con uno dei primi anglicismi diventati di uso comune nel linguaggio tricolore: erano i vietnamiti che, nel 1979, iniziarono un esodo biblico dalla loro terra, per sfuggire all’oppressione e alle persecuzioni del regime, cercando rifugio in Thailandia via mare, a bordo di navi e barche sovraccariche e preda degli attacchi dei pirati. Chi sopravviveva era atteso da campi profughi provvisori e dalla speranza di costruirsi una vita migliore in un altro angolo di mondo. Fu coinvolta anche l’Italia, in modo molto diretto. Il Governo guidato da Giulio Andreotti mandò tre navi militari a collaborare alle operazioni di soccorso: portarono in salvo 907 profughi. Non fu l’unico impegno perché il nostro Paese contribuì anche all’accoglienza, Biella inclusa, dove raccolte di firme chiedevano a palazzo Chigi di accelerare le pratiche perché venissero considerati rifugiati politici. A coordinarla fu (allora come oggi, verrebbe da dire) la Caritas che lanciò appelli per raccogliere donazioni e trovare persone e famiglie disposte a ospitare rifugiati. Dalle colonne de Il Biellese il sacerdote don Benvenuto Panizza, che coordinava la Caritas, scriveva quasi camminando sulle uova: «Alla domanda “Perché fuggono?” è meglio non rispondere perché la risposta sarebbe troppo crudele e servirebbe soltanto a dividere gli animi umani di ideologie opposte».
La frase nasconde a stento il doppio binario su cui ci si muoveva in quei giorni del 1979: se nessuno sembrava dire no all’accoglienza dei profughi (e qui sì che sembra esserci una differenza rispetto ai giorni nostri), sulla situazione in Vietnam lo scontro politico era su tutti i livelli, tra comunisti e anticomunisti. I primi erano chiamati a una pesante autocritica perché il regime persecutorio vietnamita portava la falce e il martello sulle insegne. I secondi non esitavano ad attaccare i rivali politici italiani per la troppa timidezza nella condanna di un governo che stava costringendo la sua gente a fuggire rischiando la vita e a volte perdendola. Un consiglio comunale, nel luglio del 1979, si infiammò con le parole del comunista e partigiano Anello Poma, del liberale Stefano Porta ma anche di nomi che ancora fanno capolino sulla scena contemporanea. L’allora giovane democristiano Gianluca Susta se la prese con i comunisti incapaci di vedere la realtà tutta intera «definendo borghesi i profughi vietnamiti». Wilmer Ronzani gli rispose dicendo di essere pronto a «leggere criticamente le contraddizioni del comunismo internazionale che non offuscano minimamente la dottrina». Scaramucce nostrane, insomma, su una tragedia internazionale: in questo il 1979 e il 2023 si somigliano. Ma nell’accoglienza incondizionata, la Biella di 44 anni fa può dare qualche lezione. Così Eco di Biella, nel numero del 20 settembre 1979, descrive l’arrivo a Vaglio di una delle prime famiglie accolte: «Visi compassati, educati: quasi di un altro mondo. Hanno attraversato l’inferno, e sono tranquilli: sono i vietnamiti che nei giorni scorsi hanno visitato Biella e la loro probabile futura residenza a Vaglio. Il nucleo familiare, composto da cinque donne e tre minorenni, è stato cordialmente accolto dall’assessore ai Servizi sociali Lidia Lanza, che ha offerto la piena disponibilità dell’amministrazione. L’alloggio, che è stato approntato, si trova a Cossila San Grato. Le donne si sono mostrate grate dell'accoglienza semplice, volutamente priva di cerimoniale, che è stata loro tributata, ma si è anche capito che erano incerte, ed è comprensibile. Quanto ai bambini, educati e disinvolti, hanno conquistato tutti gli astanti: sapevano già diverse parole in italiano, potrebbero imparare anche il nostro dialetto».
Quattro anni dopo Il Biellese parlò con una delle famiglie che si erano insediate in provincia. Rispose a nome di tutti il figlio allora sedicenne: «Vorrei fosse chiaro che non ce ne andammo per questioni di soldi ma perché mancava la libertà. I giovani erano arruolati a forza per andare a combattere in Cambogia. Nei mercati non si potevano acquistare le merci se non con la tessera come ho visto in televisione in Polonia. Stemmo in mare otto giorni con la gente che soffriva la fame e la sete, fummo attaccati dai pirati che portarono via tutto ciò che ancora possedevano e uccisero due di noi. Quando arrivammo su una spiaggia thailandese eravamo stremati dalla fame. Non avevamo idea di cosa avremmo fatto per sopravvivere. Fummo inviati in un campo dove rimanemmo un mese prima di partire per l’Italia. Perché l’Italia? Non esiste un perché, per noi un Paese valeva l’altro purché ci fosse la libertà».
Cosa succede in città
Oggi alle 17 a Candelo due partite di pallavolo terranno vivo il ricordo di Luigino Ugazio, uomo di sport, insegnante e amministratore comunale scomparso l’anno scorso. La prima sfida al palazzetto dello sport sarà tra le squadre Special Olympics di Asad Biella e Union Pinerolo. Seguirà alle 20 un’amichevole al femminile tra Wash4Green Pinerolo (serie A) e Mondovì (A2). Sarà l’occasione per vedere da vicino ex azzurre come Carlotta Cambi o Indre Sorokaite. L’ingresso è libero ma saranno raccolte offerte per l’acquisto di materiale per la scuola media
Oggi alle 18,30 a Biella torna per una serata speciale il festival letterario Fuoriluogo che accoglie lo scrittore e saggista Paolo Nori, grande conoscitore della letteratura russa (e tifoso del Parma, argomento su cui si diletta a scrivere sul quotidiano Il Foglio). Parlerà sul tema “A cosa servono i russi”. L’ingresso è a offerta libera, con contributo libero di 5 euro. Alla presentazione seguirà una degustazione di prodotti locali
Oggi alle 21 al Piazzo la sala convegni di palazzo Ferrero sarà teatro di una proiezione di immagini scattate dai soci del gruppo Fotocine Controluce di Vercelli, invitati dal Biella Fotoclub
Oggi alle 21,30 al Piazzo il Biella Jazz Club ospita nella sua sede di palazzo Ferrero il concerto del chitarrista Jeff Pevar che sarà accompagnato dalla cantante (e moglie) Inger Nova e dall’altro chitarrista biellese Alex Gariazzo
Alpini, i giorni del sopralluogo
Oggi alle 11 a palazzo Oropa una conferenza stampa (ri)presenterà la candidatura di Biella per l’adunata nazionale degli Alpini del 2025: si tratta del secondo tentativo consecutivo dopo la sconfitta al ballottaggio dell’anno scorso per l’edizione 2024 alla fine assegnata a Vicenza. Come è già trapelato nei giorni scorsi, si tratterà di un duello con Cagliari. La delegazione dell’Ana nazionale è in città da ieri per il suo sopralluogo anche se la situazione non è cambiata rispetto a dodici mesi fa quando ci fu il più deciso tra i tentativi territoriali di accaparrarsi una manifestazione capace di spostare decine di migliaia di persone. Nel dossier di trenta pagine firmato dal presidente provinciale Marco Fulcheri ci sono i numeri dei posti letto: i 3100 in alberghi, agriturismo e bed and breakfast sono decisamente pochi rispetto alla moltitudine di persone che si sposterà. Ma le penne nere sono spartane e si accontentano di tende e accampamenti: per questo il rapporto, come ricorda Eco di Biella, indica anche le aree verdi dove potranno trovare alloggio. Un altro capitolo riguarda i trasporti, con l’indicazione delle distanze in chilometri dagli aeroporti e dagli svincoli autostradali e con le linee ferroviarie. L’ipotesi degli Alpini biellesi è di avere collegamenti speciali per i giorni dell’adunata.