La Trossi sospesa
Considerata fondamentale dal presidente della Provincia Emanuele Ramella Pralungo, immaginata come la porta d’ingresso con belvedere in città dall’architetto Andreas Kipar che l’ha ridisegnata per conto della Fondazione Biellezza, la strada Trossi a quattro corsie per ora non è pronta a entrare nella lista delle opere pubbliche da realizzare nei prossimi mesi. Il rinvio è, a quanto ha raccontato Il Biellese, una sorta di gioco di prestigio d’aula di Ramella Pralungo durante il consiglio provinciale di lunedì. L’ente è retto da un delicato equilibrio che vede un presidente di centrosinistra e una maggioranza consiliare di centrodestra. Il tratto iniziale dell’ex statale per Vercelli è diventato terreno per un braccio di ferro tra il primo convinto che l’opera sia improcrastinabile e la seconda che ha espresso nelle ultime settimane numerose perplessità, legate al costo dell’opera e alla possibile opposizione dei proprietari di capannoni e terreni lungo la strada che rischiano di dover rinunciare a un po’ del loro spazio. Ramella Pralungo, come spiega Il Biellese, ha invertito l’ordine di voto nelle due delibere che avrebbero dovuto dare il via libera al progetto da 6,9 milioni, ben di più rispetto ai 3,5 messi originariamente in preventivo per il lievitare dei costi delle materie prime degli ultimi mesi, lo stesso che ha fatto raddoppiare il prezzo della pedemontana. Invece di approvare prima la variazione di bilancio e poi il documento unico di programmazione (senza la prima non ci sarebbero comunque le risorse per la Trossi stessa), il secondo è stato regolarmente votato mentre al momento di dire sì o no alla prima, i consiglieri sono usciti tutti dall’aula facendo rinviare di qualche settimana (ma dovrà arrivare in un senso o nell’altro entro la fine dell’anno) la decisione definitiva. Il tempo servirà per cercare un’intesa che si proverà a raggiungere fin da oggi quando presidente e consiglieri faranno un sopralluogo sul tratto interessato dal raddoppio, quello tra Biella e la rotonda all’incrocio delle strade per Candelo e Sandigliano. «Andremo a vedere come risolvere il problema di una nuova rotonda» ha dichiarato Ramella Pralungo «che potrebbe comportare un restringimento della carreggiata cercando di capire se i frontisti saranno disponibili a cedere un po’ più di terreno per costruirla. Giovedì ci riuniremo per discuterne e a dicembre cercheremo di approvare la variazione di bilancio con il nuovo importo. Abbiamo tempo fino al 20 dicembre per evitare di dover rinunciare a un’opera sulla quale siamo tutti d’accordo per quanto riguarda l’utilità per il territorio». Ramella Pralungo ha anche precisato le cifre esatte del costo dell’opera dopo la proiezione di 12,3 milioni apparsa su Eco di Biella lunedì: «Quella cifra tiene conto degli interessi da pagare alla banca per il prestito che dovremo accendere, ma il costo reale dell’opera è di 6,9 milioni. Dovessimo quantificare i costi delle opere pubbliche tenendo conto anche degli oneri finanziari scopriremmo che la pedemontana sarà pagata ben più dei 305 milioni previsti e comunque sarà molto più cara, in proporzione, della nostra Trossi».
Ipse dixit
“A Biella non torno mai, non perché non sia legato ai ricordi della mia infanzia ma perché non ci sono stimoli. Il Biellese è totalmente isolato anche se i chilometri di distanza da Torino e Milano sono oggettivamente pochi, questo è il suo punto debole. Tentare di prendere un aereo si trasforma in una vera odissea, per questo motivo incontro i mei genitori altrove”
(Davide Dato, primo ballerino dell’Opera di Stato di Vienna, a La Stampa)
Guardare le guerre da dentro
Ivo Bonato è di Andorno, ha 59 anni e fa il cameraman freelance, cioè viene chiamato dai suoi committenti (molto spesso si tratta della Rai) quando c’è la necessità di un operatore esperto e coraggioso per documentare da molto vicino le peggiori tragedie del mondo contemporaneo. Così è stato, nel giro di pochi mesi, sul fronte del Donbass per narrare l’aggressione della Russia all’Ucraina, nell’Iran delle proteste delle donne che si strappano via il velo, ai confini tra Israele e striscia di Gaza, nei kibbutz dove Hamas ha portato la morte. Potesse scegliere, però, si occuperebbe solo di scienza e di natura, come ha confessato in una lunga intervista a Eco di Biella. La sua carriera da cameraman nasce per passione e interrompe quella di dipendente di un’azienda meccanotessile: nel 1992 inizia il rapporto con la Rai. «Ho sempre cercato di avere rapporti con persone che ne sapessero più di me» ha detto, raccontando la sua formazione da autodidatta. E poi, pensando ai servizi con il telegiornale scientifico Leonardo di Rai3 (prodotto dalla sede di Torino): «Cose belle che io avrei pagato per poter fare e dove invece mi pagavano per andare. Fare il lavoro che ti piace, non ti sembra vero». La sua valigia è sempre pronta anche grazie alla stima che hanno di lui gli inviati di guerra. Le cose che ha visto, anche quando la telecamera era spenta, sono una testimonianza preziosa per capire più a fondo che cosa accade dove si combatte, per una guerra o per una protesta. In Ucraina, per esempio, ha visto Bucha e le tracce dei massacri dei soldati russi, ha dormito in luoghi a Kramators’k che poi sono stati bombardati. Ha conosciuto un frate francescano «che avrebbe voluto andare al fronte ma il vescovo glielo ha impedito» e «una suorina piccola ed esile» che guidava un convoglio di ambulanze: «Storie incredibili come quelle dei medici senza frontiere che recuperano i feriti, li portano sull’ambulanza blindata, poi su un treno con terapia intensiva improvvisata e infine nei vari ospedali». C’è anche un passo che dice molto sui ritmi circolari dell’attenzione dei media che pian piano si affievolisce: «Col Tg1 finisco a maggio, il Tg2 aveva già abbandonato da mesi, il Tg3 ha chiuso a giugno-luglio con l’ultimo viaggio e oggi è RaiNews che copre il mantenimento per tutti». Oggi l’attenzione è altrove. Bonato e Lucia Goracci del Tg3 hanno provato a spostarla anche sull’Iran e sulla protesta delle donne per i diritti: «Sull’aereo con Lucia ci eravamo detti: le donne non riprendiamole in viso perché rischiano. Siamo in un mercato e qui vedo una senza velo poi due, tre, cinque, dieci… A quel punto le abbiamo intervistate. Una signora che aveva il velo mentre la riprendo se ne accorge. Mi avvicina e mi dice: pensi che io non abbia il coraggio di togliermelo? E se lo toglie. Sfidano continuamente il potere, è stata una sorpresa». Le ultime settimane lo hanno portato tra Israele e la Cisgiordania: nei kibbutz delle stragi, nelle città israeliane più vicine a Gaza, a Jenin e Ramallah in Cisgiordania, al confine con il Libano, dalle famiglie degli ostaggi, ma non dentro la Striscia dove l’ingresso ai cronisti è proibito e quello che si sa per fonte diretta arriva dai profili social di fotogiornalisti che vivono lì. «Tanta cronaca, senza giudizi» dice Bonato descrivendo il suo lavoro, «ma con tanti rischi. Eravamo a sud, dovevamo fare una diretta. Il tempo di fermarci nel niente e arriva un’auto: chi siete? Cosa fate? Rispondiamo che siamo giornalisti italiani e se ne va. Dopo un attimo ne arriva un altro. Pensava fossimo giornalisti ma arabi. Va in auto, prende un coltello. Mentre succede tutto questo passa un’auto civile con due soldati che per fortuna calmano questo signore. Un’altra volta uno ci sbandiera una pistola. Hanno paura tutti quanti, anche noi». Nel futuro di Ivo Bonato ci saranno altre valigie pronte e viaggi pericolosi: «Ma dopo un mese in Israele ho chiesto una pausa. Non avrei mai pensato di vivere una guerra come nei libri di storia o in un film». E questo, forse, è il messaggio più denso.
Cosa succede in città
Oggi alle 15 a Biella Cittadellarte ospiterà la conferenza dal titolo “Elementi di didattica per insegnare il suolo: la fabbrica della vita”, legata alla mostra “Nel nostro piatto”, dedicata alle abitudini alimentari corrette. Interverranno, introdotti da Armona Pistoletto del progetto di riuso in agricoltura di terre abbandonate “Let eat Bi”, numerosi docenti universitari ed esperti. Il pomeriggio varrà come corso di aggiornamento per insegnanti
Oggi alle 21 a Ronco il ciclo di incontri dal titolo “Tessere la salute” porterà nei locali della Pro Loco di via Roma 82 la pneumologa e allergologa Giuseppina Zanierato. L’argomento dell’incontro saranno le allergie
I capelli di un sindaco
Stefano Ceffa, sindaco di Bioglio e presidente del Cissabo, consorzio socioassistenziale del Biellese orientale, non avrebbe voluto dirlo a nessuno. Ma a giugno aveva alzato bandiera bianca e aveva svelato la ragione per cui si era lasciato crescere in modo inusuale i capelli. «Non è estetica e si capisce, non è giovanilismo, non è regressione adolescenziale» aveva scritto sui suoi canali social. «Non è un voto, ne’ il conto alla rovescia di quando smetterò di fare il sindaco. Crescono per essere donati per farne parrucche per i malati oncologici. Alla mia età ho capito che la mia testa serve a poco ma per farci crescere i capelli funziona ancora». Pochi giorni fa un secondo post ha mostrato il momento del taglio: «Ora una busta parte per la Banca dei capelli. Era una cosa che doveva restare tra me e me, anche se 27 centimetri di capelli non sono potevano passare inosservati». La Banca dei capelli è una associazione con sede in Puglia che raccoglie, appunto, i capelli da singole persone come Stefano Ceffa o in accordo con parrucchiere e parrucchieri e li riutilizza per creare parrucche, preziose per le persone che, a causa della chemioterapia, sono diventate calve. Per Ceffa la spinta è stata proprio un’esperienza vissuta da molto vicino, la malattia del padre come ha detto a Eco di Biella: «Quando nella tua vita, nella tua famiglia, passa quel male brutto che ancora fatichiamo a chiamare con il suo nome, perché "cancro" fa paura, nasce in te, o almeno in me, il desiderio di fare qualcosa di tuo, o di mio che non sia una semplice offerta pure importante. Per fortuna “la bestia” dalla mia casa è scappata, presa a calci da bravi medici, dalla collaborazione di un paziente guarito e rappezzato e da una famiglia e amici speciali». A Biella non esistono collette di capelli veri per creare parrucche. Esiste però il progetto “Il sorriso di Lisa”, nato al Fondo Edo Tempia grazie alla famiglia di Annalisa Livorno, una donna morta a 41 anni per un tumore al seno. In ricordo suo e del suo sorriso che la malattia non era riuscita a spegnere, il marito ha aperto una raccolta di fondi dando il via all’iniziativa che permette alle donne che hanno perso i capelli per la chemioterapia di avere una parrucca gratis, qualora non rientrino nella fascia di reddito coperta dai contributi regionali.