Le mucche nel corridoio
Pier Luigi Bersani, l’ex segretario del Partito Democratico passato da Biella solo pochi giorni fa, perdonerà 6aBiella per aver preso in prestito una delle sue proverbiali metafore. La mucca nel corridoio è sinonimo di qualcosa che è impossibile non vedere ma che, nell’immagine di Bersani la prima volta che la usò, tutti sceglievano deliberatamente di ignorare. Volendo essere un po’ cattivi, la campagna elettorale del 2024 è stata disseminata di mucche nel corridoio. Ancora nell’ultimo faccia a faccia tra quattro dei cinque candidati a sindaco del capoluogo, lunedì sera davanti alle telecamere di Newsbiella, le domande non sono riuscite a stanare i presenti su temi che pure sono enormi e che condizionano e condizioneranno il futuro dei biellesi tutti. Questo è un elenco sintetico e probabilmente incompleto. Il progetto di inceneritore di Cavaglià (nobili eccezioni, la candidata alle regionali del Pd Emanuela Verzella e quello a consigliere comunale Dino Gentile, entrambi contrari) non ha scaldato il dibattito a nessun livello. Nemmeno la presenza di un ministro biellese dell’Ambiente e la visita di un sottosegretario allo stesso ministero hanno smosso le acque: forse, nel caso del sottosegretario Barbaro (Fratelli d’Italia) ha a che fare con il fatto che al suo incontro con il mondo produttivo locale fossero presenti anche i rappresentanti di A2A, l’azienda multiservizi che vuole realizzare quel termovalorizzatore con la ciminiera alta quasi 100 metri, benché la loro presenza fosse ampiamente giustificata come partner tecnologico del cosiddetto “recycling hub”, il polo europeo del riciclaggio degli scarti tessili che Biella ha ottenuto per se. Altre mucche in corridoio: il piano per fare del vecchio ospedale una scuola per la polizia penitenziaria, un progetto colossale da 70 milioni sponsorizzato dal sottosegretario nostrano Andrea Delmastro. Nemmeno Marzio Olivero, compagno di partito di Delmastro, ne ha fatto un cavallo di battaglia della sua corsa a palazzo Oropa e dall’opposizione il tema non è stato mai davvero gettato tra i piedi del cammino tranquillo del rivale. Altre mucche sparse: la funicolare che non funziona nonostante i tentativi, i lavori, le cause civili per danni all’azienda costruttrice e con lei il Piazzo di nuovo in balia delle auto, l’urbanistica ferma al palo lungo via Carso con due progetti in mano a privati per ex Rivetti e Pettinature che non sono decollati mai e nessuna idea fatta propria dalla parte pubblica, il destino del centro storico con l’arrivo di un altro polo di attrazione periferico con il non centro commerciale ai confini con Gaglianico, la povertà sottotraccia svelata dai sempre più frequenti appelli di chi gestisce gli empori solidali in cui la domanda supera l’offerta di aiuto, le discussioni sul calo demografico che non menzionano mai la parola asili nido, i progetti di ampio respiro su montagna e turismo di Mucrone Local (che ha riempito l’auditorium di Città Studi ben più dei dibattiti tra candidati) e sul tracciolino da trasformare in Grande balconata alpina. Lunedì sera la diretta del faccia a faccia tra Bruschi, Foglio Bonda, Olivero e Ramella (per la quarta volta su quattro era assente Dellamontà) ha raccolto su Facebook tra le 80 e le 90 persone collegate, su una platea potenziale di poco meno di 35mila aventi diritto al voto. Sembra evidente che i temi del dibattito di queste settimane non abbiano scaldato i cuore. Resta (e probabilmente resterà) senza risposta l’altra domanda: li avrebbero scaldati le mucche nel corridoio?
Ipse dixit
“Ho letto velocemente i nomi dei ragazzi che sono stati uccisi. Giovanni aveva 33 anni, mentre tutti gli altri ne avevano 19, 20, 21. Hanno abbandonato le comode case per la libertà. Grazie a loro io sono stato eletto. Oggi possiamo scegliere chi eleggere, qualche anno fa non si sceglieva. Oggi votando si può scegliere, e questi ragazzi hanno combattuto per permetterci di votare, sono morti per questo”
(Il sindaco Claudio Corradino alla commemorazione dell’eccidio di piazza Martiri ieri sera. Le sue parole sono state riportate da Newsbiella)
Forza Itali-out
Solo ieri mattina, a quattro giorni e una manciata di ore dall’apertura dei seggi, è diventata ufficiale la composizione degli schieramenti per le elezioni regionali nella circoscrizione di Biella. A tenerla in sospeso è stata una raffica di cinque ricorsi presentati da Forza Italia che, partendo dal primo “no” della commissione elettorale per arrivare all’ultimo appello davanti al tribunale di Torino, ha collezionato sei decisioni negative sulla possibilità di candidare uno dei due prescelti dal partito. Lorenzo Leardi era già stato consigliere regionale e, durante il suo mandato, era stato raggiunto dall’inchiesta per la cosiddetta rimborsopoli. Successe, una decina abbondante di anni fa, che politici eletti avessero interpretato in modo un po’ troppo estensivo il concetto di rimborsi per l’attività istituzionale, finendo per percepire soldi a cui non avevano diritto. C’è chi è caduto più in piedi di altri: Augusta Montaruli (Fratelli d’Italia) è stata condannata con sentenza definitiva nelle stesse inchieste, si è dimessa da sotosegretaria ma le è stato affidato un ruolo nella commissione di vigilanza della Rai ed è tuttora parlamentare. Leardi invece doveva scontare una “quarantena” dai ruoli politici, in termini legali l’interdizione dai pubblici uffici. Aveva però ottenuto la riabilitazione, secondo lui in tempo per poter partecipare alla contesa elettorale. Invece secondo commissione e magistrati amministrativi e civili (a cui è stata presentata la raffica di ricorsi), la riabilitazione sarebbe diventata esecutiva solo dopo quindici giorni dal decreto, ovvero dopo il giorno ultimo per la presentazione delle candidature. Ieri mattina la conferma dell’ultimo no ha definitivamente depennato Forza Italia dalla scheda elettorale, lasciando fuori un simbolo che nei suoi momenti di maggiore gloria valeva il 30 per cento in provincia. In più si può immaginare come una tempesta tropicale formarsi in mare aperto che però, a elezioni concluse, sembra destinata ad abbattersi sul partito stesso. Lasciando da parte l’interpretazione errata delle norme, o almeno giudicata tale da tutte quelle sentenze, i militanti sono divisi in due correnti, termine mai andato in pensione come si immaginava dopo la fine dei grandi partiti del dopoguerra: i fedeli a Gilberto Pichetto hanno sostenuto la candidatura di Leardi, mentre quelli “amici” di Roberto Pella avrebbero guardato volentieri altrove. I secondi, a urne chiuse e risultati archiviati, chiederanno conto ai primi. Nel frattempo grande sembra essere la confusione: domenica era ospite in città Letizia Moratti, vicecapolista per le elezioni europee. Il suo arrivo non è stato comunicato e al suo cospetto, anziché Leardi e la co-candidata esclusa di riflesso Francesca Guabello, c’erano i due candidati della lista civica con il nome del presidente Alberto Cirio, Elena Rocchi e Andrea Mazzone, su cui il partito vorrebbe dirottare i suoi voti. Nel frattempo da Torino un altro movimento di centrodestra vicino a Cirio e a Forza Italia si è lamentato: “Noi Moderati”, che invece nel Biellese è presente, avrebbe voluto il sostegno dei forzisti, andato invece ai civici, considerando anche il fatto che alle europee hanno fatto lista comune. Un bel pasticcio, in effetti. E anche una figura non ideale per un partito che negli ultimi trent’anni ha pesato parecchio in Italia e anche in città.
Cosa succede in città
Oggi alle 9,30 al Piazzo la seconda giornata di Bi Wild, il festival di Fondazione Biellezza dedicato ai giovani, propone la seconda giornata di incontri e laboratori su danza, arte, musica, linguaggio del corpo e pure sul consumare alcolici in modo responsabile. Ci si prenota sui moduli digitali seguendo questo link
Oggi alle 18,30 al Piazzo la rassegna Piazzoperosi dell’Accademia Perosi propone un mix di musica e parole con la storia delle creatrici della Fondazione Olly intervistate da Laura Colmegna, insieme alle note del pianoforte di Beatrice Distefano che eseguirà partiture di Chopin, Satie e Alkan. L’ingresso è libero
Oggi alle 19 a Valdengo riaprono le cucine di Valdengo in festa: il menu della serata prevede come piatto forte polenta e tapulun. Alle 21,30 musica con la Filarmonica di Valdengo
Oggi alle 21 a Sala comincia nel salone della Pro loco (via Rivetti 3) una rassegna di documentari che proseguirà ogni mercoledì fino a luglio inoltrato: si tratta dei filmati di Pier Giorgio Clerici. Il primo s’intitola “Una lunga settimana di sangue, dal rastrellamento in valle Elvo e Serra all’eccidio di piazza Quintino Sella”, la fucilazione di massa di partigiani avvenuta ottant’anni e un giorno fa. Organizza la Casa della Resistenza di Sala
Elettorart attack (speciale liste)
Un blocco di sedici pagine nel cuore dell’edizione di ieri de Il Biellese ha messo in fila tutti, ma proprio tutti i nomi di chi si è candidato alle elezioni europee, regionali e amministrative. Nelle prime due sono i partiti a guidare con i loro nomi noti e i simboli che, al limite, presentano piccole varianti legate al tipo di elezione. Ma quando si scende al livello dei piccoli Comuni, ecco che la fantasia si impossessa di aspiranti sindaci e capilista. Oddio, fantasia: nei 59 centri della provincia al voto (più due appena lì fuori, i vercellesi Roasio e Guardabosone), cinque liste hanno il nome del paese seguito da “nel cuore”. Altre quattro si chiamano “bene comune” con una sola variante al plurale a Pray dove si è preferito abbondare con i “beni comuni”. C’è chi si è cimentato nei giochi di parole: in quale piccolo centro della Valsessera si sarà presentata la lista “Diamoci un Sostegno”? E perché la lista “Un Motto per Brusnengo” candida a primo cittadino proprio Luca Motto? Il bilinguismo per una volta ha lasciato fuori l’inglese di Linkedin e si è concentrato sul classico: a Sordevolo l’unico raggruppamento in corsa ha il nome bilingue “Sopra l’Elvo-Super Elvum”. Il record però spetta di diritto a Gifflenga: con i suoi 101 abitanti è il più minuscolo dei Comuni chiamati alle urne. Con tre liste in lizza, vuol dire che si è candidato più o meno un abitante su quattro, minorenni compresi. Una delle tre si chiama “B”. E nel logo ha solo una grossa “B”, appunto. La ragione? È assai probabile che la seconda lista sia stata frutto di una “operazione-Rosazza”: nei piccoli centri dove il primo ostacolo è trovare qualcuno che accetti di fare il sindaco e il secondo in caso di lista unica è arrivare al quorum (deve votare il 50% più uno degli aventi diritto), succede di vedere un secondo raggruppamento fatto proprio per superare questo ostacolo. In presenza di almeno due liste la percentuale dei votanti non è più determinante. Così, come a Rosazza nell’ultima elezione, succede che la maggioranza crei una lista “finta” chiedendo sottobanco di non votarla. Il problema a Gifflenga è che ne è stata creata una terza, alternativa davvero. E così tra le due contendenti ecco rimasta la lista “B”.