Le vasche del condannato
Si è tornato a parlare, negli ultimi giorni, di Dimitri Fricano, l’uomo di Biella condannato a trent’anni per l’omicidio di Erika Preti, all’epoca la sua fidanzata, che da novembre è stato autorizzato per un anno a scontare la pena agli arresti domiciliari per problemi di salute. Il provvedimento del giudice del tribunale di sorveglianza ha citato il peso (è arrivato a superare i 200 chili), la dipendenza dal fumo che, in combinazione, hanno provocato altri scompensi all’organismo, e il disturbo della personalità di tipo depressivo che già era stato diagnosticato durante il processo. Nelle sue giornate trascorse in casa dei genitori, Fricano ha una finestra di tre ore dalle 15 alle 18: serve per recarsi in ospedale per le terapie, al corpo e alla psiche, ma può anche svolgere commissioni. È durante una di queste uscite che i genitori di Erika Preti lo hanno incrociato in pieno centro, in via Italia (a “fare vasche”, come ha sintetizzato il titolo di Eco di Biella). Si è trattato di un incontro casuale che però, per una madre e un padre, sono stati veleno su antiche ferite già riaperte dal giorno del provvedimento del giudice. «Eravamo insieme ad altri che ci hanno trattenuti» ha detto a La Stampa Tiziana Suman, madre di Erika Preti «altrimenti non so come avremmo potuto reagire». A Eco di Biella il padre Fabrizio Preti è stato ancora più duro: «Lo vedono salire e scendere dall’auto ed entrare nei negozi. A quanto pare è incompatibile solo con il carcere. Per andare in giro e fare acquisti invece va tutto bene. Alla fine siamo noi che dobbiamo stare attenti per non trovarci di fronte l’assassino di nostra figlia. Chiediamo solo giustizia perché quello che stiamo provando non è giusto». È davvero uno stato d’animo difficile da immaginare per chiunque, quello di due genitori che non solo sopravvivono alla loro figlia, dopo averla persa per un atto violento, ma incrociano per strada colui che l’ha uccisa a coltellate. Forse il buon senso suggerirebbe di limitare al massimo le uscite pubbliche, data la particolare situazione di chi si trova agli arresti domiciliari nella stessa città dove vivono i congiunti della vittima. Ma qual è l’alternativa? Una struttura protetta in grado di garantire le cure? Probabilmente non esiste o non è disponibile, data la scelta del tribunale di sorveglianza. Tornare in carcere? Significherebbe, dando per assodata la ragionevolezza e la buona fede della sentenza che ha disposto un anno di pena alternativa, mandare Dimitri Fricano addosso ai rischi più seri per la sua salute e la sua sopravvivenza. In Italia, leggi alla mano, non esiste la pena di morte e la detenzione ha non solo il fine di punire ma anche quello di riabilitare, il tutto assicurando la buona salute della persona di cui lo Stato ha la responsabilità, avendolo privato (con buone ragioni stabilite dalle norme) della libertà. L’alternativa, dimenticando il secondo e il terzo punto, rischia di essere tragica, come nel caso del giovane, in cella nonostante una situazione psichica precaria, suicidatosi il 6 gennaio nel carcere di Ancona. Il cinismo di pancia direbbe “uno di meno”, pronto a ripeterlo anche per l’omicida di Biella. Le regole di base dell’umanità e della società civile non possono farlo.
Ipse dixit
“Non mi aspetto nulla da parte sua. Sono note le sue vibranti prese di posizione per abolire la legge che punisce la tortura, rea, la legge, di non consentire agli agenti di difendersi. Per lei le Istituzioni non debbono sprecare tempo e risorse per la tutela della popolazione carceraria di questo Paese. Si tratta, in fondo, soltanto di numeri privi di identità e diritti. Nobile e di alto valore la sua decisa presa di posizione documentata in un video girato nel settembre del 2020, davanti al carcere di Biella, ove lei disse a gran voce: «Intanto il 33 per cento dei detenuti sono stranieri. Prendano la barca e tornino a casa loro a scontare». Queste le sue esatte parole. Intanto Matteo Concetti non c'è più ed io non me ne do pace. Alimenterà l'allucinante statistica dei suicidi in carcere avvenuti nel nostro Paese, nell'indifferenza generale e, soprattutto, sua. Io porto il peso di questa immane tragedia. Sicuramente vive meglio lei, tra feste, cene e proclami. Farei a cambio con lei? No grazie. Preferisco la mia vita”
(Ilaria Cucchi, parlamentare e sorella di Stefano Cucchi, per la cui morte mentre era in custodia sono stati condannati per omicidio preterintenzionale due carabinieri. Il passo fa parte di una lunga lettera aperta al sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro dopo il suicidio nel carcere di Ancona di Matteo Concetti, 23 anni, paziente psichiatrico che stava scontando una pena per reati contro il patrimonio ed era tornato in cella, interrompendo la misura alternativa di semilibertà, dopo un ritardo di un’ora di ritorno da un permesso)
Il virus di stagione
Dai cinquecento agli ottocento nuovi casi al giorno della «peggiore influenza degli ultimi quindici anni»: il virgolettato comparso su “Il Biellese” riporta una frase di Sergio Di Bella, segretario provinciale della federazione italiana dei medici di medicina generale, e dà la misura di quello di cui in molti in queste settimane si sono accorti sulla loro pelle. «La particolare aggressività del virus attuale, la mancata esposizione a virus influenzali negli scorsi anni prevalentemente a causa delle norme di distanziamento sociale e la fragilità della popolazione anziana o con patologie croniche stanno creando l’intasamento dei pronto soccorso» prosegue Di Bella. I dati diffusi dall’azienda sanitaria di Biella confermano che anche l’ospedale è sotto pressione: 1.100 pazienti in sette giorni tra il 18 e il 24 dicembre, una media di 150 persone al giorno da prendere in carico nella settimana successiva, settanta dei quali considerati “codice verde”, i casi meno urgenti per i quali sarebbe sufficiente l’intervento del medico di famiglia. «È un numero tale che ha impattato in modo pesante sull’organizzazione» ha comunicato l’Asl a La Stampa. «Di fronte a questa ondata stiamo mettendo in campo tutte le azioni per rispondere all’emergenza, impiegando il personale a disposizione e riorganizzando l’attività». Il medico di famiglia Maurizio Aimone, sempre su La Stampa, suggerisce di vaccinarsi: «Io ho vaccinato quest’anno 430 pazienti. Di questi in base alle mie personali statistiche circa il 10% prenderà comunque l’influenza ma in una forma molto più leggera. C’è tempo per provvedere fino a metà di questo mese, a volte anche oltre. Gli effetti sono comunque efficaci».
Cosa succede in città
Oggi alle 16 a Biella il ciclo degli “Incontri del pomeriggio” dell’università popolare UpbEduca riprende con Augusto Gaudino che parlerà della storia della Vespa, lo scooter nato e collaudato proprio a Biella. L’appuntamento è alla sala convegni della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
Oggi alle 20,45 a Biella la stagione teatrale cittadina propone un omaggio a Eduardo De Filippo con l’attore e regista napoletano Geppy Glejeses che porterà sul palcoscenico del teatro Odeon “Uomo e galantuomo”. Biglietti da 20,50 a 28,50 euro ancora a disposizione a questo link
Oggi alle 21 a Candelo al cinema Verdi prosegue la rassegna “In quota”, realizzata in collaborazione con il Cai. Sarà proiettato il documentario “Le traversiadi” di Maurizio Panseri e Alberto Valtellina che hanno documentato la traversata scialpinistica delle Orobie dalla provincia di Lecco alla Valtellina
Oggi alle 21,30 al Piazzo il Biella Jazz Club apre il 2024 con il primo concerto dell’anno: suonerà il Sandro Gibellini Quartet con Sandro Gibellini alla chitarra, Riccardo Ruggieri al pianoforte, Alessandro Maorino al contrabbasso ed Enzo Zirilli alla batteria, aiutati dalla voce di Eileina Dennis
Sei domande terra terra dopo i fatti di Rosazza
1) Se è stata ritenuta credibile la minaccia arrivata dall’Iran al deputato Emanuele Pozzolo, perché non gli è stata concessa la scorta anziché il porto d’armi per difesa personale ottenuto dalla Prefettura di Biella a metà dicembre?
2) Che cosa accadrebbe in una circostanza differente a chi, in mezzo ad almeno due agenti di un corpo di polizia, cadesse una pistola dalla tasca (ipotesi 1) o (ipotesi 2) la estraesse tenendola in mano per mostrarla ai presenti?
3) È davvero efficace una scorta che consente che venga esploso un colpo di pistola, che ferisce una persona, là dove è presente la persona che è sotto protezione?
4) Quali sarebbero state le reazioni politiche di destra, di centro e di sinistra – e quali quelle della piccola comunità di Rosazza - se la pistola da cui è partito il colpo fosse stata di un comune cittadino? O di una persona di cittadinanza non italiana?
5) Quanto a lungo la notizia dell’accaduto sarebbe restata quella originaria diffusa dalle forze dell’ordine la mattina del 1 gennaio, senza nomi né dettagli, se La Stampa non avesse per prima raccontato che cosa era successo con tutti i particolari? Si sarebbero mai conosciuti quei nomi e quei dettagli?
6) Qualcuno tra i protagonisti della vicenda ha presentato le proprie scuse o la propria solidarietà alla persona ferita?