Ma dentro chi c'era?
A Biella è stato sgomberato e sigillato un alloggio di piazza del Monte di proprietà comunale, dove alcuni abitanti della zona avevano segnalato un viavai di persone che a loro faceva paura. Non era stato più assegnato, dice La Stampa, la prima ad aver sollevato il problema raccogliendo l’allarme dei residenti, dopo la morte dell’anziano inquilino che lo abitava e in attesa di lavori di ristrutturazione. Ma qualcuno era entrato. A cercare rifugio? A usarlo, come temono coloro che hanno segnalato la questione, come base per attività illecite? Non si sa. A quanto risulta dal resoconto dello sgombero, non sono state trovate persone dentro. Si sa che l’accesso, nel sottopasso che da via Scaglia porta alla piazza, è stato murato con una parete di mattoni. Due assessori hanno spiegato le modalità dell’intervento. «La giunta si è mossa per cercare una soluzione» ha detto quello che si occupa di Polizia urbana, Giacomo Moscarola (Lega), «per fare in modo che eventuali malintenzionati non utilizzino più l'immobile per bivaccare». Ha aggiunto Cristiano Franceschini (Fratelli d’Italia), responsabile del patrimonio edilizio comunale: «L’amministrazione si è attivata immediatamente per bonificare i locali che ora sono sigillati, non siamo infatti disposti a tollerare simili comportamenti». L’approccio è stato, insomma, quello dal punto di vista della sicurezza anche se, come dicono gli anziani residenti di cui La Stampa ha raccolto le reazioni, «non era ancora successo nulla di grave». O forse è meglio dire che l’unica preoccupazione è stata quella di salvaguardare il decoro: se di sicurezza ci si fosse occupati, sarebbe stato più opportuno andare più a fondo sulle eventuali attività illecite paventate dai residenti. Invece quel viavai che destava sospetti, per quello che si sa, poteva essere legato più semplicemente alla necessità di persone che non hanno un tetto sulla testa di procurarsene uno, benché abusivo e assai precario. Se così fosse stato, si tratterebbe di un altro caso in cui chi è ai margini viene rimandato lì, lontano dai riflettori che un paio di articoli di giornale hanno acceso. Probabilmente non è l’unico rifugio abusivo in città, ma l’essenziale è che non si noti troppo. Era accaduto nel complesso ex Rivetti, oggetto di attenzioni soprattutto per metterne in sicurezza gli accessi da via Carso, nonostante nel 2020, in pieno lockdown da coronavirus, un uomo fosse stato trovato morto per un improvviso malore tra quelle pareti diroccate diventate da tempo un rifugio di emergenza per chi non ne ha un altro. Una delle prime reazioni istituzionali fu una diffida partita dal Comune per invitare la proprietà a chiudere i varchi che permettevano agli ultimi della società di entrare e cercare riparo. Due anni dopo, sempre secondo le notizie di cronaca, erano di nuovo aperti quando una “prova di coraggio” tra adolescenti che tentarono un’incursione nella fabbrica abbandonata portò all’arresto di una persona che lì viveva, accusata di rapina e sequestro di persona per aver strattonato uno di loro strappandogli un braccialetto. Oggi chissà. Nel frattempo, il primo passo è sempre e solo sigillare gli accessi agli spazi vuoti. Per il resto c’è tempo. E silenzio, come silenzioso è il lavoro del terzo settore, da sempre primo baluardo per tendere una mano a chi dal resto della società ottiene soprattutto muri.
Ipse dixit
“Porremo all’interno del centrodestra il confronto sulla scuola come strumento di integrazione, dando la possibilità di diventare un concittadino a chi ha seguito almeno il numero di anni necessari a un ragazzo italiano per completare la scuola dell’obbligo”
(Alberto Cirio, presidente della Regione e dirigente di Forza Italia, a La Stampa)
La moltiplicazione dei ruderi
A proposito di edifici in disuso, un’analisi di Confedilizia citata da Il Biellese ne sottolinea la loro moltiplicazione, in Italia e anche a Biella dove crescono a un ritmo maggiore rispetto al resto della penisola. Si parla delle case inserite nella categoria catastale F2, definite da un termine burocratico-giuridico, collabenti: in termini più comuni, si tratta di quelle costruzioni così malridotte da essere inutilizzabili, salvo procedere a una robustissima opera di manutenzione e che, nelle condizioni in cui si trovano, non sono in grado di produrre reddito. In provincia erano 419 nel 2011, sono diventate 1.167 nel 2023 per un aumento del 179%. Nel capoluogo sono passate da 22 a 69, con un +214%. In questo periodo il tasso di peggioramento del patrimonio immobiliare è stato più alto rispetto alla media nazionale che è stata del 123%. Non è una sorpresa secondo l’analisi di Confedilizia che ha notato dati assai differenti da zona a zona, con il sud e le aree di montagna del nord ad avere i risultati peggiori mentre al contrario le metropoli come Roma e Milano dove la fame di case è alta hanno interesse e mercato sufficienti per mantenere in vita anche le abitazioni più vecchie e malridotte. Il termine di paragone è il 2011 perché è quello in cui è entrata in vigore l’Imu, l’imposta comunale sugli immobili che sostituì l’Ici introducendo nuove regole. Dalla tassa sono esenti gli stabili senza rendita catastale, come quelli della categoria F2. Chi non ha forza o interesse a investire nel rimettere a nuovo una vecchia casa ridotta a rudere, almeno non ha il peso maggiore da parte del fisco. Ma non ha nemmeno uno stimolo a metterci mano per riportarla “in vita”. La stagione dei superbonus, dati alla mano (sia pure di poco, il numero delle case diroccate è cresciuto anche tra il 2019 e il 2023), non ha dato una spinta sufficiente.
Cosa succede in città
Oggi alle 17 a Biella prosegue il programma di “Bolle di Malto off” in attesa dell’apertura degli eventi in piazza in calendario da domani. Alla galleria d’arte Bi-Box di via Italia 38 è in programma una degustazione guidata dall’esperto Fulvio Giublena con i prodotti di tre birrifici artigianali piemontesi, Croce di Malto, Rabèl e Solaramà. L’ingresso è libero ma su prenotazione: basta scrivere a info@bolledimalto.it
Oggi alle 19 a Pollone tra gli appuntamenti di “Bolle di Malto off” c’è anche la visita guidata al museo Forma del caseificio Rosso, con inclusa degustazione. L’evento è a pagamento e su prenotazione, scrivendo a info@bolledimalto.it
Qualcosa di nuovo a Bolle di Malto
Chi ha sfiorato in queste ore piazza Martiri a Biella e ha dimestichezza con l’allestimento dell’anno scorso, avrà notato che il palco centrale di Bolle di Malto, quello dove si terranno i concerti da domani sera in poi, ha cambiato collocazione. O meglio, è tornato in quella in cui era stato da quando l’evento si è spostato nell’ex piazza del mercato, sul lato corto del quadrilatero contro il muro perimetrale dell’istituto La Marmora. Nell’edizione 2023 i concerti erano stati oggetto di discussione tra i partecipanti a Bolle di Malto e gli organizzatori per l’acustica giudicata di scarsa qualità soprattutto per il volume troppo basso. Non è dato sapere se il nuovo spostamento del palco sia dovuto anche al tentativo di migliorare su questo fronte, collogandolo dove c’è più distanza tra gli altoparlanti e le prime bariere fisiche, pressoché assenti considerandoli puntati verso piazza Colonnetti. DI certo il Comune ha già adottato una determinazione dirigenziale per ritoccare verso l’alto i limiti alle emissioni sonore: la musica potrà suonare a 75 decibel nelle ore diurne e a 70 in quelle serali, con il volume che si abbassa a 65 dall’una di notte in poi. Per dare un termine di paragone, 70 decibel sono considerati pari al rumore di una strada trafficata, 80 al rombo di una motocicletta, 90 a quello di un treno in corsa. Allo stadio di San Siro, a Milano, dove il braccio di ferro tra chi organizza eventi e i residenti dura da anni, il limite imposto dal Comune è di 80 decibel per i concerti, con un limite a sedici possibili serate ogni anno, o meglio ogni estate.