Perché parliamo spesso del carcere?
Perché non piace a nessuno sentirne parlare e quando accade, se si menzionano i diritti che non dovrebbero mai venire meno a chi ci sta dentro, il sentimento popolare è di disprezzo e di repulsione, un generico “buttare via la chiave” qualunque sia la ragione per cui una persona è reclusa. Accade proprio in questi giorni con l’uomo accusato del tentato omicidio della moglie: sarà scarcerato, dicono i giornali, non perché innocente (lo è comunque, giuridicamente, in attesa di sentenza) ma perché non essendoci pericolo di fuga, di ripetere il reato, di fare ancora del male alla persona offesa, può aspettare il giudizio anche agli arresti domiciliari.
Perché quando se ne parla è sempre più spesso una narrazione da un solo punto di vista: detenuti cattivi, polizia penitenziaria vittima. È di pochi giorni fa l’episodio avvenuto a Benevento, quando i media parlarono di una rivolta in carcere con agenti feriti e in pericolo seguendo la narrazione dei comunicati dei sindacati di polizia. E poi si scoprì che la rabbia si era limitata a un vetro rotto da due reclusi arrabbiati perché era stata loro rifiutata una visita medica. E i feriti erano stati graffiati dalle schegge di vetro.
Perché a Biella, proprio a Biella, c’è un amaro record messo in evidenza dall’associazione Antigone e da Altreconomia, grazie a un cronista che in città è cresciuto, Luca Rondi, e con le sue inchieste ha già smascherato l’abuso di psicofarmaci nelle carceri minorili e le condizioni di vita al di sotto dell’umanità nei centri di permanenza temporanea per i migranti. In via dei Tigli si consumano psicofarmaci venti volte di più rispetto all’esterno. L’80 per cento dei detenuti ne fa uso. Nel triennio 2018-2021-2022 un medicinale su tre era un sedativo o un preparato per il sistema nervoso. Un medico che ha lavorato nel carcere di Biella e che ha parlato con Rondi, restando anonimo, ha raccontato: «Non è vero che l’uso di psicofarmaci sia correlato alla crescita di persone con patologie». Tra il 2021 e il 2022 sembrava esserci stata una frenata ma è durata poco. Ancora il medico: «Sembrava di lottare contro i mulini a vento: la polizia penitenziaria insisteva all’inverosimile per somministrare farmaci, l’azienda sanitaria tentennava nel prendere posizione e poi, soprattutto, lo spaccio interno di pastiglie era diffusissimo. Oggi la situazione è ancora peggio di prima».
Inoltre c’è una ragione in più per parlarne: oggi era in programma un appuntamento programmato da tempo, una delle poche occasioni in cui le porte della casa circondariale si aprono e lasciano che quello che c’è dentro si permei di quello che c’è fuori e viceversa. Luca Rondi, il giornalista biellese d’inchiesta della rivista Altreconomia, era atteso in carcere insieme a un centinaio di studentesse e studenti del liceo Sella. Lo avrebbero intervistato, e con loro alcuni detenuti (in via dei Tigli c’è una sezione del liceo artistico tra i progetti di riabilitazione di chi sconta la pena). Ma venerdì dalla direzione della casa circondariale è arrivato un messaggio: incontro rinviato per «i molti impegni istituzionali» e le «diverse criticità del periodo che richiedono la massima attenzione». Il giornalista incontrerà comunque allieve e allievi della scuola , ma non potranno farlo i carcerati. È duro il messaggio della redazione di Altreconomia che fatica a non mettere in relazione il no all’incontro (e a Rondi) con l’articolo pubblicato pochi giorni fa: «Da mesi alcuni di loro si occupavano di questo evento, preparato con l’aiuto dei docenti nei minimi dettagli e facendo anche ingresso nella struttura per conoscere i detenuti. Sono i ragazzi a pagare il prezzo più alto di questa decisione. Ed è paradossale in un contesto in cui il carcere soffre, soprattutto, perché è dimenticato e isolato dalla comunità. Pochi si interessano delle sorti di chi è recluso e delle diverse figure professionali che operano nelle strutture. Il messaggio che arriva a studenti e studentesse, che avrebbero varcato le soglie della casa circondariale, è la sconfitta più grande».
Ipse dixit
“Ho incontrato il maestro Michelangelo Pistoletto, che è anche lui a suo modo una rockstar, e ho potuto fare una breve visita alla città. L’ho trovata molto bella, curata e ordinata. Ho visto interessanti scorci cinematografici: chissà che non si possa fare qualcosa insieme”
(Carlo Verdone, ospite sabato scorso a Biella per uno spettacolo, a La Stampa)
Città creativa
Ogni sei mesi, più o meno come una scadenza fiscale, sembra che la cronaca locale faccia l’occhiolino con la tragedia ma poi la scansi di netto per tuffarsi nelle braccia della commedia dell’arte. Alzi la mano chi, senza averne la conferma dai fatti realmente accaduti, riterrebbe credibile lo sparo partito dalla pistola di un parlamentare, alla festa di un altro parlamentare, che ferisce un uomo imparentato con la scorta del secondo deputato con tanto di misteri assortiti sulla dinamica della vicenda nonostante la presenza di rappresentanti dello Stato sulla scena (Rosazza, 1 gennaio 2024). E alzi la mano chi avrebbe accettato come verosimile la storia di un’installazione artistica di 15 metri che precipita sfiorando un gruppo di una ventina di persone, tra cui sindaco, vicesindaco, artista stesso, con la probabilità che la causa dell’incidente sia stata l’imprudenza delle persone presenti sulla scena (Oropa, 26 maggio 2024). Nessuno si è fatto troppo male ed è fin troppo facile ringraziare la Madonna Nera per aver fatto sì che una bicicletta gigante pesante svariati chili si schiantasse sul prato delle oche senza schiacciare chi era lì vicino. Alla fine solo una persona ha passato la notte in ospedale, per una frattura a un polso che dovrà essere ridotta con un intervento chirurgico. Nulla, rispetto a quello che si è rischiato. Il che consente di spargere qualche goccia di ironia sulla scena da commedia dell’arte: le prime testimonianze social che narrano di incoscienti con la scala a pioli che si arrampicano sulla biciclettona dedicata a Pantani, il commento di un’assessora della giunta che stigmatizza il comportamento di quegli incoscienti, le altre testimonianze che ostentano certezze sul fatto che si scopriranno i responsabili perché da quelle parti c’era anche il sindaco, i video su Instagram pubblicati e poi rimossi che mostrano l’atmosfera di festa prima del crollo, una bicchierata attorno all’opera con l’artista stesso che l’aveva realizzata, la versione fatta trapelare senza troppa convinzione da fonti vicine all’artista che parlava di lavori in corso per smontare l’installazione, fin troppo facile da confutare con i video di cui sopra. Ora c’è un’inchiesta aperta e l’area è sotto sequestro, a certificare che da qui in poi ci sarà probabilmente poco da ridere.
Cosa succede in città
Oggi alle 18,30 a Biella nella sede centrale del liceo Sella in via Addis Abeba è in programma la conferenza dal titolo “Classici razzisti?” con la docente dell’Università del Piemonte Orientale Alice Borgna che rileggerà i testi antichi alla luce della cosiddetta “cancel culture”. Ne parlerà con il professor Fabio Stella. Nella sala del museo Roccavilla l’ingresso è libero
Oggi alle 18,30 a Biella si presenta un nuovo itinerario presente nell’applicazione e sul sito web di ArchiVie, la guida virtuale a percorsi tematici in città realizzata dalle realtà culturali del territorio. Il percorso tocca le cosiddette “identità di pietra”. L’appuntamento è nella sala convegni del Museo del Territorio
Oggi alle 18,30 al Piazzo si terrà un laboratorio di composizione creativa, organizzato dall’Accademia Perosi e dal Lions club Bugella Civitas, con Giuseppe Gavazza che analizzerà i rapporti tra musica e matematica sulle tracce di Amedeo Avogadro. L’ingresso al concerto, a palazzo Gromo Losa, è gratis. Seguirà un aperitivo con offerta a partire da 25 euro
Oggi alle 21,30 al Piazzo il Biella Jazz club propone una serata jam session. L’appuntamento è nella sede di palazzo Ferrero
Fango sulla memoria
È fango vero e non metaforico quello che copre e sporca il seminterrato di Villa Schneider, la storica struttura di proprietà del Comune che conserva la memoria dell’occupazione nazifascista. Lo denuncia l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani che, da poco meno di dieci anni, ha la sua sede in una fetta della palazzina di piazza La Marmora. E prenderà provvedimenti con quello che ha ribattezzato il “Distaccamento pauta”, pauta come, per i non avvezzi alla lingua piemontese, fango. Si ritroveranno sabato 1 giugno, armati di pale, scope e stivali di gomma per ripulire le stanze dove, anni fa, una mostra interattiva ricordò che cosa era successo dal 1943 al 1945 lì sotto: arresti, percosse, torture, la detenzione che precedeva le fucilazioni. E l’appello è per convocare altri volontari perché diano una mano. La situazione è peggiorata con il maltempo degli ultimi giorni: «L’acqua che entra dai finestrini ad altezza del suolo» ha scritto l’Anpi via Facebook «ha allagato, dopo le piogge di maggio, il sotterraneo. Le numerose richieste di visite al sito per le scuole del Biellese, curate dai volontari dell’Anpi, non possono più essere svolte appieno per il rischio dell’incolumità di studentesse e studenti. Si tengono infatti solo al piano superiore, senza poter scendere nei luoghi di interrogatori e torture». La mobilitazione di sabato è la soluzione trovata dopo le «richieste inevase dall’amministrazione comunale, proprietaria dell’immobile». E l’appello è a chiunque si senta in grado di aiutare: «Non sono previsti premi o riconoscimenti, ma tanta fatica, specialmente perchè non abbiamo più la schiena di una volta». Rimettere in sesto anche il sotterraneo di Villa Schneider perché diventi luogo della memoria visitabile e fruibile è un vecchio desiderio che nessuna giunta comunale è mai riuscita a esaudire finora. Ma è diventato anche un tema di campagna elettorale: al confronto della settimana scorsa convocato dalla rete di associazioni Luminosa, la candidata di centrosinistra Marta Bruschi ha ribadito di voler fare di Villa Schneider la casa della memoria della Resistenza nel Biellese «con un museo e una biblioteca dedicata». E il centrista civico Andrea Foglio Bonda ha definito la villa «un luogo sacro: mi piange il cuore anche solo a vedere le erbacce tra la ghiaia del piazzale esterno».