Piccola storia della Coca Cola
Dieci anni fa, ora più ora meno, chiudeva i battenti la Coca Cola di Gaglianico dopo circa mezzo secolo a produrre la bibita gassata più famosa del mondo e a proteggerne l’ormai leggendaria ricetta segreta. La filiale italiana della multinazionale delle bevande aveva deciso di interrompere l’attività alla fine di febbraio del 2014, dopo l’annuncio della dismissione totale che aveva seguito lenti segnali di smantellamento. Nel giorno della chiusura, restavano in organico 68 dipendenti. Furono messi in cassa integrazione. Erano 94 alla fine di ottobre del 2013, quando fu ufficializzata la decisione di concentrare la produzione di Coca Cola, Fanta e Sprite nelle sole fabbriche in Veneto, Abruzzo e Campania. «Non c’è nessuna volontà di lasciare l’Italia» fu la precisazione dell’azienda «e l’unica chiusura prevista è quella di Gaglianico». Nel 2012 la multinazionale aveva già deciso di appaltare a un’impresa esterna la logistica mettendo nell’elenco degli esuberi ulteriori 35 lavoratori e di tagliare due linee di produzione, quella dell’imbottigliamento in vetro e dei fusti per i bar, con quindici persone lasciate a casa. Una delle ragioni della presenza a Gaglianico dell’azienda era l’acqua, sia perché buona sia perché economica: un’inchiesta di Altreconomia del 2013 aveva calcolato in 3.647 euro annui il canone pagato da Coca Cola per una portata media di 22 litri circa al secondo per le necessità della fabbrica. Nel 2022 fu annunciata la riapertura dello stabilimento. Se la speranza, nel 2014, era di trovare un altro imbottigliatore che approfittasse dell’acqua buona ed economica, fu necessario aspettare le nuove politiche industriali della multinazionale per rivedere una fabbrica in funzione: oggi si occupa di lavorare la plastica riciclata dalle bottiglie usate e di sagomarla perché torni a prendere la forma di una bottiglia pronta all’uso. Per avviare lo stabilimento la Coca Cola ha investito 30 milioni di euro: la produzione è assicurata con sole fonti di energia rinnovabili e nello stabilimento, come sottolinea il bilancio di sostenibilità dell’azienda, è stato anche adottato un alveare. Sono stati assunti 41 dipendenti al momento dell’apertura. È certamente una buona notizia. Ma si tratta comunque di un terzo circa di chi lavorava a Gaglianico pochi mesi prima della chiusura di dieci anni fa.
Ipse dixit
“Alla fine i condannati siamo noi. La nostra vita è solo rabbia e dolore per come sono andate le cose. Spero che finisca tutto quanto presto. Noi abbiamo sempre seguito tutto, anche stando male. Arriveremo fino in fondo, e saremo sempre presenti”
(Vincenza Minutella, madre di Silvia Malnati, una delle vittime dell’incidente della funivia del Mottarone per il quale è tra gli imputati l’ingegnere biellese Enrico Perocchio. Le sue parole sono state pronunciate durante l’udienza preliminare a Verbania)
Niente mercato europeo?
Dopo anni di fedele presenza nella primavera del centro cittadino, il mercato europeo sembra destinato a saltare un turno. Lo si scopre dal calendario delle bancarelle che, itineranti come vuole la tradizione, percorreranno l’Italia da marzo a ottobre, pubblicato sul loro canale social. Si parte da Pontedera in Toscana e si finisce a Cinisello Balsamo alle porte di Milano, si scende fino a Napoli e si sale fino a Trento, ci sono Asti e Novara, Acqui Terme e Orzinuovi. Ma non c’è Biella. La sequenza di date smentisce le dichiarazioni dell’assessora al Commercio Barbara Greggio che solo pochi giorni fa aveva confermato a La Provincia di Biella il ritorno dell’evento dedicato ai cibi da strada e alle tradizioni di regioni e Paesi vicini e lontani, nonostante l’imminente (adesso davvero, a quanto pare) cantiere per il rifacimento di piazza Vittorio Veneto. «Siamo riusciti a rinnovare uno degli eventi più cari ai biellesi che anche quest’anno tornerà in città» aveva detto. «I giardini Zumaglini, infatti, diventeranno il cuore della manifestazione che interesserà anche una parte di via La Marmora». Invece nelle date annunciate dall’assessora, dal 25 al 28 aprile, il calendario del mercato europeo annuncia la sua presenza ad Asti. Resta una piccola speranza (per gli appassionati delle bancarelle multietniche, ovviamente) legata all’unico spazio ancora vuoto nell’elenco di date e città, quello tra il 30 maggio e il 2 giugno.
Cosa succede in città
Oggi alle 9 a Napoli comincia la prova a squadre di spada femminile ai campionati europei giovanili di scherma. Tra le azzurre c’è la biellese Vittoria Siletti che, nella prova individuale, si è fermata prima del podio perdendo alla prima sfida a eliminazione diretta dalla compagna di squadra Anita Corradino
Oggi alle 18,30 a Cossato i laboratori “E adesso parliamo di cinema” con l’esperto Riccardo Poma propongono l’analisi del pluripremiato film campione d’incassi Oppenheimer, diretto da Christopher Nolan. L’appuntamento è alla sala Pizzaguerra di villa Ranzoni. L’ingresso è libero
Oggi alle 20,45 a Vigliano si parlerà di scienze e letteratura al femminile grazie all’incontro promosso dall’associazione Vocididonne. Alla biblioteca Aldo Sola interverranno la docente Elena Ottino e l’autrice Maria Rosa Pantè. L’incontro letterario sarà preceduto alle 19,45 da un aperitivo al Caffè Centro di Vigliano
Oggi alle 20,45 a Cossato la stagione teatrale propone “La corsa dietro il vento”, spettacolo che Gioele Dix ha dedicato a Dino Buzzati. Sul palco con lui ci sarà Valentina Cardinali. Le scenografie sono del biellese d’origine Angelo Lodi, per quarant’anni scenografo della Scala di Milano. Ultimi biglietti in prevendita a 25 euro a questo link
Oggi alle 21 a Valdilana la biblioteca del Centro Zegna ospiterà la musica dell’associazione Euphoria per il primo di un ciclo di appuntamenti: si comincia “Percussion’s Bach” per percussioni e voce sulle note del compositore tedesco
La (non) foto del giorno
È strano per un fotografo trattenersi e non puntare l’obiettivo là dove le cose succedono. Max Hirzel, reporter biellese, sembra aver fatto proprio così nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, quando è andato sulla spiaggia di Steccato di Cutro per essere testimone della commemorazione delle 94 persone e degli undici dispersi ingoiati dal mare, un anno dopo il naufragio di migranti che forse più degli altri, più dei tantissimi altri, ha scosso l’opinione pubblica italiana. Il suo racconto è su Altreconomia e per una volta è fatto più di parole che di immagini. Parole che raccontano l’angoscia di chi ha visto quella strage e di chi da dodici mesi sta cercando un congiunto senza sapere se è vivo o sepolto dal Mediterraneo. Ci sono solo due fotografie a corredo dell’articolo, scattate da lontano, quasi con pudore. È l’articolo stesso a lasciarne intuire la ragione: «I fari delle telecamere hanno assediato i familiari raccolti attorno a un cerchio di candele, fiori e giocattoli. Poi le persone si sono spostate, in piccoli gruppi: si è sentito un urlo, una donna stava per svenire, le telecamere che accorrono, qualcuno si frappone e chiede di smettere, di fare spazio. C’è chi senza accorgersene ha calpestato un paio di giocattoli che formavano il cerchio commemorativo. Un operatore ha chiesto ad alcuni dei giovani sopravvissuti di mettersi in una determinata posizione, per essere ripresi. Loro si sono prestati, gentili, comprensivi e speranzosi che tutto questo avesse un senso». Ce l’ha davvero un senso, sembra chiedersi Hirzel con la macchina fotografica ormai riposta nello zaino? «Raccontare è necessario e va fatto, anche o forse soprattutto questa è una delle funzioni dell’evento, eppure sappiamo anche che tanta attenzione risponde a tempi e meccanismi del sistema mediatico. Nel giorno dell’anniversario, la rappresentazione del dolore di queste persone e del loro lutto è diventata una notizia che “funziona”. Domani ci sarà altro, mentre il dolore resta come il sistema che lo genera».
L’intero reportage è disponibile a questo link. Sul sito di Max Hirzel invece è possibile trovare anche gli altri suoi lavori, come la serie di fotografie scattate alle tombe senza nome dei migranti naufraghi in Sicilia e a chi cerca di dare un nome a quei corpi annegati.