Se Città Studi fosse ad Harvard
C’è un’immagine scattata da Paolo Furia, nei panni di docente del corso di patrimonio culturale, in un’aula di Città Studi. Quel ciclo di studi magistrali, biennale, con lezioni in lingua inglese, è nato nel 2022 e da subito ha attirato studentesse e studenti anche da molto lontano. Nella fotografia, che Furia ha pubblicato qualche settimana fa sui suoi social, ci sono calici alzati come in un brindisi, qualcuno con un dito di vino rosso, patrimonio culturale delle vicine Langhe, e qualcuno vuoto perché ci sono persone astemie, per scelta o per precetto religioso. «In questa classe di studentesse e studenti persiani, russi, ucraini, persone del sud est asiatico, pratichiamo la pace raccontando i paesaggi, i loro intrecci e il loro carattere» scrisse quel giorno Furia. Persia, cioè Iran, dove da un paio di giorni cadono bombe e altre ne partono in direzione di Israele. Russia e Ucraina, cioè due Paesi che si puntano i cannoni a vicenda. Tutti, per almeno due anni, sono biellesi adottivi e qui per un’ottima ragione che, tra l’altro, arricchisce il territorio rendendolo polo universitario internazionale. Oggi, grazie anche a questo corso, uno studente su cinque dei corsi triennali e magistrali presenti in città arriva dall’estero. Buona parte di coloro che studiano e risiedono a Biella, per arrivarci hanno bisogno di un visto. Nella classifica mondiale dei “passaporti forti”, l’Italia è al terzo posto perché con il documento in tasca può viaggiare in 189 Paesi senza la necessità di avere un visto in tasca prima della partenza. Si può entrare in Iran, per esempio, con la sola precauzione di ottenere un documento supplementare d’ingresso all’arrivo. Il passaporto iraniano, nella stessa classifica è al 95° posto, il Bangladesh al 98°, l’Uzbekistan al 77°, La Russia al 49°, solo per menzionare alcune delle nazionalità di origine di studentesse e studenti biellesi. E ora un gioco d’immaginazione: se Città Studi fosse ad Harvard (dove studiano 280 italiani), o alla Columbia University di New York o in qualsiasi ateneo entrato nel mirino della presidenza degli Stati Uniti, che cosa accadrebbe alle ragazze e ai ragazzi di Iran, Russia, Uzbekistan o anche italiani? Secondo il giro di vite annunciato (e in taluni casi sospeso dalla giustizia statunitense) rischierebbero la visita dell’Ice, la polizia dell’immigrazione, o se non sono ancora partiti per raggiungere la loro università, di essere fermati all’aeroporto e rispediti indietro. Rischierebbero, in sintesi, di doversi preoccupare più di non finire in uno dei centri di permanenza temporanea per chi è giudicato fuori dai circuiti dell’immigrazione legale che della sua media di voti. Nell’Italia che spesso, da destra, fa l’occhiolino alle politiche restrittive di Donald Trump e da sinistra, come dimostra l’esito del referendum numero cinque della settimana scorsa, fatica a digerire i nuovi italiani mantenendo lungo il percorso per diventarlo, forse basterebbe provare a mettersi nei panni di un giovane studente di Città Studi. O di una studentessa iraniana che qui il velo può non portarlo senza che qualcuno la guardi storto, o la segnali alle forze dell’ordine. Ma mettersi nei panni di qualcun altro, specie se meno fortunato, non sembra la più popolare delle discipline nei tempi contemporanei.
Ipse dixit
“Nella mia classe conto almeno una dozzina di persone dall’Iran: artisti, studiosi. Le ragazze sono la maggioranza e non rispettano la legge imposta dal regime iraniano. Se tornassero a casa, loro, innocenti, sarebbero destinati alla prigione o peggio. Un regime che ama il proprio popolo, insomma”
(Paolo Furia, consigliere comunale e docente universitario al corso magistrale di patrimonio culturale a Città Studi, in un commento su Facebook)
Integrazione post mortem
«Biella vuole essere una città che non esclude nessuno» disse Gigliola Topazzo, all’epoca assessora (in quota Lega) ai Servizi cimiteriali della giunta guidata da Claudio Corradino, annunciando la volontà dell’amministrazione di costruire uno spazio per la sepoltura di persone di fede musulmana. Era il giugno del 2024, poco più di un anno fa, e il progetto annunciato allora è a un passo dall’atto finale che poi darà il via libera alla costruzione, in un terreno ora incolto accanto al cimitero di Pavignano: nel consiglio comunale convocato per martedì 24 si voterà la delibera. Curiosamente Gigliola Topazzo, che è anche medico referente per il carcere, è stata nei giorni scorsi, come ha riferito La Stampa, oggetto di un’interrogazione parlamentare per un suo post social nella domenica del referendum in cui ha lanciato un appello alle donne «che andranno a votare per il sì alla cittadinanza facile» ritenendo il loro consenso al quesito che avrebbe dimezzato i tempi di attesa per diventare italiani per gli stranieri residenti un gesto che «porterà ad un processo di islamizzazione del nostro Paese che ci porterà indietro di 100 anni». Esito del referendum alla mano, la sua vittoria è stata schiacciante e indiscussa. Ma in Parlamento un ministro dovrà rispondere al quesito posto da Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi Sinistra, sulla compatibilità tra simili dichiarazioni e il suo incarico in carcere: «È evidente il rischio di una compromissione della neutralità e dell’equità nel garantire il diritto alla salute, soprattutto nei confronti delle persone straniere detenute, che già vivono in condizioni di vulnerabilità». Un’interrogazione identica è stata posta dalla consigliera regionale Alice Ravinale al presidente Alberto Cirio. La vox populi sui social avrebbe la risposta pronta e darebbe ragione a Gigliola Topazzo, ma non quella che parlava da assessora della città che non esclude nessuno: «Ma sì, diamogli tutto», «Provate ad andare al loro paese se vi fanno il cimitero», «I soldi per aiutare gli extracomunitari si trovano sempre» sono tre esempi di commenti arrabbiati sui social, sotto ai link con la notizia del progetto.
Cosa succede in città
Oggi alle 9 a Biella comincia a Cascina Oremo la prima lezione del ciclo “Tutti pazzi per il cinema” con Manuela Tamietti di Storie di Piazza a guidare un laboratorio di recitazione e doppiaggio. La lezione durerà fino alle 13 e sarà replicata domani e mercoledì
Oggi alle 21 a Biella inizia la rassegna cinematografica dedicata ai film noir allo spazio Hydro di via Cernaia. La prima pellicola scelta è “La morte corre sul fiume”, diretto nel 1955 da Charles Laughton. L’ingresso è libero con tessera Arci
I titoli della settimana
Le notizie principali degli ultimi sette giorni secondo le prime pagine dei giornali locali
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La Stampa Biella, affitti da record negli alloggi: la rendita vale il primato nazionale
Mercoledì 11
La Provincia di Biella I biellesi “liberi” dalle tasse ad agosto, il resto d’Italia due mesi prima
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Giovedì 12
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Venerdì 13
Il Biellese Tanti incidenti, Biella è sopra la media italiana
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Sabato 14
La Provincia di Biella Fatta prigioniera e stuprata più volte davanti al figlio
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