Siamo pieni di "zona 30"
Non esiste a Biella o nel Biellese un provvedimento come quello entrato in vigore a Bologna, che ha istituito il limite di 30 chilometri all’ora sulle strade per la stragrande maggioranza del perimetro urbano. Ma le “zona 30” esistono eccome e sono davvero numerose. Lo ammette anche il vicesindaco e assessore alla Viabilità Giacomo Moscarola che, dopo aver iniziato una conversazione con La Provincia di Biella con una frase senza appello («A Biella finché sarò in giunta io, ai 30 all’ora le automobili non viaggeranno mai»), ma poi corregge il tiro: «Ci sono già punti in cui le auto devono andare ai 30 all’ora di velocità. Ovviamente però si tratta di zone particolari». Ha ragione, almeno nella seconda parte delle sue dichiarazioni, anche perché così dispone il codice della strada. Disegnare la mappa delle “zona 30” urbane è facile: basta ricordarsi dove sono i dossi dissuasori della velocità o gli attraversamenti pedonali rialzati. Dove ci sono loro, il limite scende da 50 a 30 all’ora. Vale, tanto per fare qualche esempio, accanto a quasi ogni scuola, anche se si trova in strade apparentemente ampie come via Carso (zona 30 davanti alla Salvemini), vale da via Bertodano angolo via Repubblica fino alla rotonda di via La Marmora con via Garibaldi, di fronte a Esselunga e giardini Zumaglini. Vale al Villaggio La Marmora attorno alla chiesa parrocchiale, all’oratorio e alla ludoteca che oggi ospita il liceo classico. Vale in viale Macallè dalla rotonda di piazza Adua a via Liguria, è in vigore in una strada rettilinea e ampia come corso Europa, nel tratto tra la rotonda di via per Candelo e quella di corso San Maurizio, perché lì ci sono, appunto, gli attraversamenti pedonali con la piccola rampa. Vale perfino in via Ivrea, la strada che Moscarola cita su La Provincia di Biella perché è «a doppio senso di marcia, ampia, dove comunque non si può viaggiare oltre i 50 all’ora di velocità». Vero, ma solo se si escludono due ampi segmenti in corrispondenza del bivio con via Mentegazzi che porta al Piazzo e dall’incrocio con via dei Tigli alla prima rotonda di Città Studi. Lì bisogna alzare il piede dall’acceleratore, assecondando i cartelli. Candelo è stata quasi pioniera con l’istituzione, ormai parecchi anni fa, della Ztpp (zona a traffico pedonale privilegiato) a piazza Castello e dintorni. Il Biellese non è Bologna, insomma, eppure la zona 30 c’è. E non è una regola nata per spirito ecologista. Si tratta solo di sicurezza di chi cammina e attraversa, in giorni peraltro in cui almeno quattro pedoni sono finiti all’ospedale perché centrati da un’auto: è successo in via La Marmora, in via Torino all’angolo con via Delleani e in piazza Adua, con quest’ultimo caso che ha portato il ferito al ricovero in condizioni gravi all’ospedale di Novara. Contro la “zona 30” di Bologna la polemica politica è stata sollevata dal ministro Matteo Salvini, esponente della Lega come Moscarola, pronto a emanare una direttiva per limitare le aree in cui possa essere ridotto il limite di velocità solo dopo il caso del capoluogo emiliano, anche se la stessa decisione era stata presa da sindaci di centrodestra a Olbia, Treviso o Genova. Qualcuno ha fatto notare che era stato un documento del Ministero stesso, dando concretezza a una legge approvata a febbraio, a suggerire l’implementazione della “zona 30” in quattordici grandi centri urbani italiani, finanziandola con 13 milioni di euro. Per quanto riguarda Biella resta scettico Giacomo Moscarola, almeno per le fette di città dove il limite resta ai 50 all’ora: «Nel provvedimento di cui tanto si parla non ci trovo nulla di replicabile e soprattutto di valido per noi».
Ipse dixit
“Ventiquattro giorni dopo ancora non si sa chi abbia premuto il grilletto. Il parlamentare Pozzolo si discolpa, fa allusioni sul sottosegretario Delmastro e pare coinvolgere il caposcorta, l'ispettore Pablito Morello, nel frattempo spedito in vacanza coatta. Non male per un governo di aspiranti giustizieri della notte, nemici del buonismo di sinistra, sostenitori della tolleranza zero, di legge e ordine da esercitare con consistente aumento di pene su delinquenti ragazzini, tossici, piccoli spacciatori, migranti, detenuti, borseggiatrici da metrò, ambientalisti di strada, ballerini da rave e altri costituenti della categoria poveri disgraziati. E però, sulla sparatoria del veglione, un sottosegretario ministeriale, un parlamentare della Repubblica, un ispettore di polizia penitenziaria, non so quanti poliziotti applicati al servizio di scorta, cioè tutte persone che dovrebbero essere dotate di senso delle istituzioni e deputate a difendere e far funzionare la giustizia dello Stato, sul loro caso fanno fumo e si contraddicono a vicenda. Eccoli lì i patrioti”.
(Mattia Feltri, dalla rubrica “Buongiorno” sulla prima pagina de La Stampa di ieri)
Le ultime su Rosazza
Il primo esito dei test di polizia scientifica della notte di capodanno a Rosazza è arrivato: sulle mani e sugli abiti del parlamentare Emanuele Pozzolo ci sono residui di polvere da sparo. È un dettaglio che dà valore alle testimonianze del ferito e di suo suocero, il caposcorta del sottosegretario Andrea Delmastro, concordi stando a quanto hanno dichiarato entrambi ai giornali e ai magistrati nel dire che l’arma fosse nelle mani di Pozzolo, che ne era anche il proprietario. Ma non è la prova schiacciante in un giallo che, vuoi per i protagonisti appartenenti al mondo politico vuoi per il velo di nebbia alzato dalle versioni non concordi date dai presenti, continua a tenere alta l’attenzione dei media e (presumibilmente) dei loro lettori. La Stampa ieri dava conto del comunicato diffuso dalla Procura: «Gli esiti, poiché positivi, confermano la prospettazione iniziale, tuttavia dovranno essere valutati e compendiati con gli ulteriori accertamenti dattiloscopici e biologici, nonché degli accertamenti balistici affidati al consulente tecnico». Fuori dalla prosa tecnica, e come dice l’avvocato di Pozzolo, il sindaco di Vercelli Andrea Corsaro, la polvere da sparo può finire addosso anche a chi è vicino a una pistola che ha sparato, senza necessariamente essere stato colui che ha premuto il grilletto: «La prova indica soltanto che l'onorevole Pozzolo era presente. E Pozzolo non ha mai negato di essere stato nelle vicinanze dell'area dello sparo, a dimostrazione anzi che teneva l'arma sotto gli occhi». Il deputato vercellese era arrivato a festa quasi finita al veglione di capodanno di Andrea Delmastro e della sorella Francesca, che di Rosazza è sindaca. Al suo primo faccia a faccia con i magistrati ha preferito non rispondere alle domande, una probabile tattica in attesa delle perizie, anche se aveva detto che solo di fronte alla procuratrice Teresa Angela Camelio avrebbe raccontato per filo e per segno che cosa era successo nelle prime ore del 2024. La stessa magistrata ha spiegato, sempre via comunicato, perché solo a Pozzolo è stata effettuata la prova dello “stub”, l’analisi che serve a individuare i residui di polvere da sparo sulle mani: «Al momento del fatto non vi era alcuna evidenza tale da rendere necessaria l'esecuzione del medesimo esame sui pochi soggetti rimasti in loco. Né, tantomeno, tale accertamento può essere eseguito indiscriminatamente e a livello preventivo senza alcuna ricostruzione alternativa al momento dei fatti». Le prime testimonianze raccolte dai carabinieri nella lunga notte rosazzese, insomma, sembravano concordi sul fatto che la pistola fosse in mano al suo proprietario. La Stampa nelle cronache nazionali registra anche le reazioni politiche dentro Fratelli d’Italia, partito di Delmastro, di Pozzolo e di buona parte degli ospiti della festa. E sono di tempesta sempre su Pozzolo, già sospeso dal partito: «Per noi il problema è a monte, lui ha sbagliato a non custodire la pistola con responsabilità e serietà» ha dichiarato Tommaso Foti, capogruppo alla Camera di FdI. «Tutto sarebbe stato risolto, al 99% se lui si fosse dichiarato subito l'autore dello sparo e invece stiamo ancora qui a parlarne».
Cosa succede in città
Oggi alle 10 a Biella Alberto Lovatto, autore del libro “Un mormorio lontano, donne e uomini nei lager nazisti delle province di Biella e Vercelli”, parlerà a una platea fatta soprattutto di studenti delle superiori nell’auditorium di Città Studi. L’appuntamento, pensato per la Giornata della memoria, è organizzato dall’associazione Pericle
Oggi alle 18 a Biella torna nella sua vecchia scuola Paolo Autino, per anni docente di latino e greco al liceo Sella. Nel salone Roccavilla di via Addis Abeba presenta il suo libro “Stefano e Neera, storia di una coppia ateniese di 2400 anni fa”. Sarà introdotto da Manuela Baretta, docente della scuola e componente dello staff della rassegna letteraria Fuoriluogo
Oggi alle 18 a Biella un altro appuntamento per la Giornata della memoria è alla galleria d’arte Bi-Box di via Italia 38: Mauro Pescio parlerà del libro di Francesca Melandri “Sangue giusto”, romanzo candidato al premio Strega del 2018. Organizza l’associazione Pericle. L’ingresso è libero
Oggi alle 18,30 a Cossato il ciclo di incontri “E adesso parliamo di cinema” proporrà l’analisi a cura di Riccardo Poma del film “La paranza dei bambini” di Claudio Giovannesi. L’appuntamento è alla sala Pizzaguerra di villa Ranzoni. L’ingresso è libero
Oggi alle 20,45 a Occhieppo Superiore è in programma uno degli appuntamenti che caratterizzeranno il fine settimana della Giornata della memoria. Giulio Pavignano parlerà alla biblioteca di Villa Mossa sul tema “Bombardare Auschwitz? Il dilemma degli alleati di fronte allo sterminio”. L’ingresso è libero
Oggi alle 20,45 al Piazzo le parole e la musica si mescoleranno in una serata che Vocididonne dedica a Tina Turner. Sul palco le letture di Rosangela Fontanella ed Emanuela Massazza Gal e il racconto musicale di Stefano Minola. L’ingresso è libero
Oggi alle 21 a Salussola tornano le serate dedicate al rock e al blues al Sense Out. La jam session è aperta a tutti coloro che vogliono salire sul palco e suonare insieme al gruppo “residente” formato da Giacomo Lamura (chitarra e voce), Dario Retegno (violino e chitarra), Stefano Leone (batteria e voce), Giuseppe Troncale (basso e tastiere), Roberto Degrandi (tastiere) e Silvio Sansone (armonica e voce)
Oggi alle 21,15 a Biella l’auditorium di Città Studi ospiterà una serata dedicata a chi ama i viaggi con Iago Corazza e Greta Ripa che racconteranno con parole e immagini l’Armenia. L’ingresso è libero
Sembra ieri la Leopoldina
L’avevano ribattezzata anche “Leopoldina”, dal luogo a Firenze dove Matteo Renzi guidava l’assalto alla nomenclatura del Partito Democratico prima di diventarne a sua volta parte. Era il 25 gennaio 2014, dieci anni fa esatti, era un sabato pomeriggio e, anziché in un vecchio deposito dei treni, la Biella di centrosinistra si radunò (ovviamente) in un ex lanificio, il Pria lungo il Cervo. “Biella domani” era il titolo della giornata di lavori che culminò nella presentazione delle candidature dei cinque aspiranti sindaci di coalizione, tutti noti ma non troppo e non necessariamente per la militanza politica: David Coen Sacerdotti faceva il preside, Marco Cavicchioli l’avvocato per esempio. Avevano una storia politica appena più consolidata gli altri tre contendenti: la già consigliera comunale Valeria Varnero, il già sindaco di Occhieppo Inferiore Osvaldo Ansermino, la già assessora comunale e provinciale Anna Fazzari, la più a sinistra del gruppetto. Prima di dare a loro la parola, altri 27 interventi dalla cosiddetta società civile facevano parte di una fittissima scaletta in cui diedero la loro idea di città un architetto e un operatore della Caritas, una quindicenne e una guida turistica, una preside e un rappresentante dei commercianti. Lo sbocco della Leopoldina furono le primarie, da cui uscì vincente Marco Cavicchioli che già, secondo le cronache dell’epoca, aveva conquistato più applausi degli altri nella platea. Diversi, ma uniti era certamente un filo conduttore della giornata che Cavicchioli spiegò con una metafora ciclistica mostrando la foto di Coppi e Bartali che si passano la bottiglia d’acqua: «Ancora oggi non si sa chi dei due abbia prestato l'acqua all'altro. Ma l'importante è che Coppi abbia vinto il Tour de France. E, come diceva Paolo Conte parlando dei francesi che s'incazzano, speriamo che questa volta s'incazzi Gentile». Pochi mesi dopo la missione riuscì, con una coalizione ampia ma non “larga” (due liste civiche, una di sinistra, Italia Viva, ovviamente il Partito Democratico) e rinunciando ad accordi e apparentamenti prima del ballottaggio. Dieci anni dopo, ancora di sabato, il centrosinistra si rimetterà in ascolto nella seconda tappa di La città di domani, evento costruito con lo stesso spirito della “Leopoldina” di allora, quello di dare voce a varie anime per scrivere un programma di governo condiviso. I simboli di partito sono tre: Pd, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra. Mancano i candidati che, nel 2014, si sfidarono prima ancora che alle primarie perfino in un confronto all’americana trasmesso in diretta tv. Nel 2023/2024 il primo incontro si fece quando per il posto di rivale di Claudio Corradino sembravano essere in lizza Emanuele Ramella Pralungo, Rinaldo Chiola e Michele Lerro. Il secondo si terrà con una donna sotto i riflettori: Marta Bruschi, attuale consigliera comunale.