Siria

Il mezzanino della stazione centrale di Milano è un grande pianerottolo che spezza in due lo scalone monumentale che porta dal livello del pian terreno a quello dei binari. Oggi ci sono due bar ristoranti a occupare l’area. Dieci anni fa, tra il 2014 e il 2015, era uno spazio libero e per questo diventò un rifugio, prima disorganizzato e poi tenuto insieme dalle associazioni del terzo settore. Quel periodo corrispondeva a una delle ondate più sanguinose della guerra civile in Siria e aveva spinto fuori dai confini e verso l’Europa decine di migliaia di persone residenti in quel paese dove dettavano legge le bombe e il terrore. Milano non era un traguardo, ma una tappa. Lo avevano capito in fretta anche le volontarie e i volontari che offrivano cibo, tè caldo, vestiti puliti, ma avevano appeso anche una grande cartina dell’Europa. Qui i profughi disegnavano tracciati con le dita, le strade che avrebbero percorso nel resto del loro viaggio: portavano più a nord, in Austria o in Germania o addirittura in Svezia dove a lungo bastava presentarsi a un posto di polizia dicendo di essere arrivati dalla Siria per ottenere automaticamente lo status di rifugiato, senza l’ombra di lungaggini burocratiche. Fu anche la prova del detto-non-detto messo da anni in pratica dall’Italia e che fa imbufalire gli alleati europei: dice il trattato di Dublino, che disciplina le politiche nei confronti dei migranti degli Stati dell’Ue, che la responsabilità di registrare un nuovo arrivato spetta al Paese in cui, appunto, arriva. L’Italia ha sempre chiuso un occhio e mezzo. Arrivavano (e arrivano) e li si lascia in attesa un giorno o due, prima che si apra la pratica nella più vicina questura. In quel lasso di tempo tantissimi ripartono per raggiungere la destinazione sognata, dove magari hanno già parenti o conoscenti e dove c’è una comunità consolidata di connazionali che aiuterebbe la prima accoglienza. Così l’Italia scarica il peso della gestione sui vicini, lavandosene pilatescamente le mani. Accadde anche a Biella, dove venne destinata, nell’estate del 2015, una comitiva di persone fuggite dall’Eritrea: pochi maschi, per il resto donne e bambini. Passarono una notte soltanto a Chiavazza, alle ex scuole elementari di via Coda che una manifestazione leghista chiuse con una catena perché non ce li volevano lì gli stranieri. Poi si mossero a piedi verso Biella San Paolo, dove probabilmente avrebbero raggiunto prima Milano e poi qualche angolo di Europa del nord. Potrebbe aver seguito un itinerario simile il padre di Walaa Aljarabah, scappato proprio in quegli anni e stabilitosi in Austria. Lei oggi è a Biella con il marito e la figlia, dopo aver passato qualche anno in Libano e poi, nel 2019, essere entrata in Italia con i corridoi umanitari aperti dalla chiesa valdese e dalla comunità di Sant’Egidio. Il suo racconto a Il Biellese serve a spiegare la ragione per cui dalla Siria si sperava di scappare in fretta: il marito di sua sorella, per esempio, venne arrestato dal regime senza ragione e di lui non si sa nulla da dieci anni. Aveva un bimbo di 40 giorni che non ha mai visto suo padre. Il babbo stesso di Walaa Aljarabah decise di fuggire quando, in una normale giornata del suo lavoro di rappresentante di commercio, venne fermato a un posto di blocco. «Che cosa vuoi, la libertà?» gli domandarono. Fu il segnale di quanto era diventato pericoloso per chiunque restare. Oggi si sa, grazie ai racconti da Damasco e alle immagini di scene disumane che arrivano dalle prigioni segrete del regime del deposto presidente Assad. Walaa Aljarabah, che non vede il suo Paese da anni, non aveva bisogno di scoprirlo ma solo da domenica scorsa sa che può parlare senza far correre rischi a nessuno dei suoi cari, a cominciare da sua madre che è ancora in Siria: «Lunedì ho scritto per la prima volta liberamente su Facebook. Ci controllavano anche da lontano». Nel frattempo ha imparato l’italiano, si è laureata in infermieristica e lavora al Cerino Zegna. Il marito, ingegnere tessile, ha seguito un corso magistrale al Politecnico di Torino e ha un impiego a Cerrione. La figlia frequenta le elementari al Piazzo. Oggi l’Europa che aprì, forse di malavoglia, le sue porte ha reagito al rovesciamento del regime in Siria immaginando di revocare la protezione internazionale ai profughi. A ben guardare è una versione istituzionale di quella catena a sigillare il cancello dell’ex scuola di Chiavazza.
Ipse dixit
“La crisi di Stellantis è emblematica di una difficoltà che coinvolge l’intero comparto automotive, con pesanti ripercussioni sulle piccole e medie imprese piemontesi che operano nella filiera. Non si può ignorare che le decisioni aziendali di ridimensionamento della produzione e di delocalizzazione colpiscono duramente il nostro territorio»
(Nota dell’associazione di artigiani Cna Piemonte riportata da La Stampa)
I migranti e la mostra di McCurry
Ci vanno le scuole alle grandi mostre del territorio. Non fa eccezione quella dedicata al fotografo Steve McCurry, aperta tra palazzo Ferrero e palazzo Gromo Losa al Piazzo. E non fa eccezione la classe di alfabetizzazione del Cpia, quella frequentata da adulti che arrivano dai quattro angoli del mondo e che, per stare meglio, nella loro nuova terra, vogliono imparare la lingua italiana. La Stampa ha raccontato della visita di un gruppo al cospetto delle immagini, opera del reporter che nei suoii viaggi ai quattro angoli della terra ha raccontato storie, tradizioni, modi di vivere, condensandoli in una (apparentemente) semplice istantanea. Per loro non è stata una semplice giornata al cospetto dell’arte, ma un tuffo nei ricordi, quelli intrisi di nostalgia e quelli che sembrano sale sulle ferite dei giorni più difficili. Due di loro, per esempio, arrivano dall’Africa centrale e il loro viaggio è stato attraverso il deserto, prima di valicare il Mediterraneo: «Io ho camminato come questo ragazzo per tanti giorni attraversando il confine dal Mali per arrivare in Algeria e poi in Libia» è il ricordo di uno di loro, raccolto dal quotidiano, davanti a un’immagine che in realtà ritraeva le terre arse tra Pakistan e Afghanistan. «Io invece» ha narrato l’amico «per arrivare in Libia sono passato dal Niger. Avevo così fame e anche tanta paura». Tre uomini che arrivano dal Brasile, a proposito di nostalgia, hanno riconosciuto il luogo in cui è stata realizzata una foto: «È stata scattata nella regione del Jauru in Brasile, i bar in quella zona sono tutti così, e anche la marca di caffè è tipica di quell’area». E poi tra compagni di classe c’è anche il modo di raccontarsi le reciproche tradizioni: un’allieva del Bangladesh ha spiegato a una donna palestinese la funzione vera dei vasi che compaiono in un’immagine. Servono come toilette: «Le donne sono vestite sempre con questi abiti ampi e colorati e poi si coprono una con l’altra e “vanno in bagno”». La mostra dedicata a Steve McCurry resterà aperta fino al 18 maggio con i seguenti orari: mercoledì e giovedì dalle 15 alle 19, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 19. Sarà chiusa solo il giorno di Natale. I biglietti costano 13 euro, i ridotti per chi ha meno di 25 anni e più di 65, oltre che per altre categorie come studenti universitari o soci Fai, scendono a 10 euro.
Cosa succede in città
Oggi alle 17 a Biella è in programma a Cittadellarte il Forum della mobilità sostenibile nel Biellese. Si parlerà di spostamenti in bicicletta e attraverso il “car sharing”, la condivisione dei viaggi in auto. Vincenzo Ferraris, presidente Atap, presenterà un nuovo progetto per il trenino di Oropa. Andrea Rolando, il docente del Politecnico di Torino già co-autore del progetto turistico della “grande balconata alpina” al Tracciolino, parlerà dei percorsi targati Woolscape, le strade della lana in bicicletta
Oggi alle 20,45 a Biella il teatro Odeon ospita il classico appuntamento di dicembre con il Sunshine Gospel Choir e il suo concerto: il sodalizio, diretto da Alex Negro, presenterà un repertorio incentrato sui canti di Natale. Biglietti a 25 euro ancora disponibili a questo link
I titoli della settimana
Le notizie principali degli ultimi sette giorni secondo le prime pagine dei giornali locali
Lunedì 9
Eco di Biella «Per 14 anni vittima di un aguzzino»
Martedì 10
Il Biellese Per gli acquisti delle feste si spenderanno 82 milioni
La Stampa Biella, mancano 34 medici di base: l’Asl potenzia i servizi sul territorio
Mercoledì 11
La Provincia di Biella «Rischia di morire di freddo»
La Stampa Biella, i droni in difesa della Burcina dopo la caduta degli alberi secolari
Giovedì 12
Eco di Biella Gli utili delle prime 170 aziende biellesi
La Stampa Biella, il ricco natale dello shopping: tra chi spenderà di più in Piemonte
Venerdì 13
Il Biellese La madre di Erika: «Dimitri era dietro di me in auto...»
La Stampa Minacce, botte e coltelli in classe: Biella, ancora violenze nelle scuole
Sabato 14
La Provincia di Biella Piovono soldi su Oropa
La Stampa A Biella il record del caro-acqua: “È la più costosa del Piemonte”
Domenica 15
La Stampa Nuova diga fuori tempo massimo: “Scaduti i termini per il progetto”