Sulla funicolare
«Ci sono infatti anche ascensori inclinati che vanno benissimo. Il problema è proprio questo impianto»: dopo anni di fendenti menati sul piano politico, sul tema della funicolare del Piazzo, le parole a La Stampa del sindaco Marzio Olivero sembrano spostare su un altro piano la questione, quello tecnico. Probabilmente è finita la necessità di coltivare consenso su un impianto che non ha funzionato a dovere fin da subito, mettendo in secondo piano i vantaggi che aveva portato alla parte alta e storica di Biella: locali che si moltiplicavano e si riempivano, tavolini che debordavano in piazza Cisterna, gente che amava fare serata tra le vecchie vie lastricate sapendo che poteva prima salire e poi scendere a valle gratis, il polo culturale dei tre palazzi Ferrero, Gromo Losa e La Marmora che si godeva la maggiore facilità a essere raggiunto. Difficile dire quanto abbiano pesato i continui (ed enfatizzati da opposizione e perfino da Striscia la Notizia) guasti con persone in trappola nelle cabine, sul ballottaggio mancato dal centrosinistra nel 2019. Sicuramente faceva comodo a chi quelle elezioni voleva vincerle dire che era colpa della scelta politica di sostituire del tutto il vecchio sistema di trazione con uno che altrove (a Parigi Montmartre o al forte di Bard per esempio) aveva dato ottimi risultati e qui a Biella non esattamente. Ma nemmeno chi è venuto dal 2019 in poi ha risolto granché, se non aprire una causa civile con la ditta costruttrice, la Maspero di Mariano Comense. Dopo cinque anni di giunta-Corradino, ai guasti mai del tutto risolti si erano aggiunti i problemi legati al rumore, con la protesta guidata da un residente delle coste scavalcate dai binari. E se bisognava dare enfasi ai disservizi, meglio farlo ricordando la scelta politica dell’amministrazione di prima, per non perdere consenso sul tema. Oggi la terza giunta ad affrontare il problema è quella guidata da Marzio Olivero: impianto sempre gratis ma che cessa la sua corsa alle 22 perché di notte resta troppo rumoroso, i locali del Piazzo che la notte di capodanno sono rimasti chiusi perché tra nuovo codice della strada severissimo con chi beve e funicolare che non aspetta il brindisi dell’anno nuovo, non aveva senso aprire. Intanto il processo per danni è finalmente arrivato in aula e il sindaco che deve pelare la patata bollente: «Abbiamo speso una follia in manutenzione ma i problemi che presenta è evidente che sono strutturali. Non sono state adeguatamente considerate alcune questioni tecniche, come il fatto che le vibrazioni sulla linea sono maggiori di quanto ipotizzato». Guai tecnici, insomma, e non più politici. Lo stesso Olivero, sempre su La Stampa, derubrica la nostalgia per il vecchio sistema di trazione a gusto soggettivo: «Personalmente la rifarei nella versione precedente, ma è un parere personale». In che senso rifarla? «È l’unica cosa da fare se non sarà possibile farla tornare a pieno regime». Non che sia semplice: quell’opera costa parecchio. E comunque c’è l’esito della causa con Maspero da attendere: il Comune ha chiesto un risarcimento di 220mila euro più il danno d’immagine all’amministrazione che dovrà eventualmente quantificare il giudice. Danno d’immagine provocato dall’azienda, beninteso. Non ci sono contenziosi su quello eventuale causato da chi, una campagna elettorale dopo l’altra, aveva scelto di chiamarla “ex funicolare” o “ascensore inclinato”, come per sminuirla a dispetto del fatto che, come insegna Tripadvisor, sia un’attrazione turistica di una città che di turismo vorrebbe anche imparare a vivere.
Ipse dixit
“In questo clima di fascistizzazione dell’informazione non c’è spazio per un uomo come Alfredo Frassati, che nel 1894 è diventato comproprietario de La Gazzetta piemontese e l’anno successivo l’ha ribattezzata La Stampa, per esserne poi proprietario unico e direttore. Frassati è scomodo: riformista liberale, ma capace di criticare Giolitti quando non ne condivide le oscillazioni politiche; moderato nel linguaggio, ma pronto a denunciare le derive del dopoguerra; espressione dell’imprenditoria torinese di inizio secolo, ma estraneo alle simpatie che questa nutre per la soluzione “forte” del 1922. Frassati è costretto ad andarsene perché è un giornalista nel senso pieno del termine, libero e determinato. E ai regimi i giornalisti veri non piacciono”
(Dall’articolo che Gianni Oliva, su La Stampa, ha dedicato ad Alfredo Frassati, a cui da poche settimane è intitolata la biblioteca di Biella, ricordando la sua cacciata dalla direzione de La Stampa voluta nel 1925 dal regime fascista)
Andare per presepi
Non sarà San Gregorio Armeno, il rione di Napoli degli artigiani dove ci si muove a fatica quando si avvicina il Natale. Ma il Biellese si sta costruendo una piccola fama e un embrione di tradizione legati al Natale e ai presepi. Quello di fratel Amilcare, ospitato al Belletti Bona e non più all’istituto La Marmora dove è nato, è un pezzo di cuore per tutti i biellesi che lo hanno visto da bambini e da quest’anno, dopo una pausa che durava dai tempi della pandemia, possono tornare a guardare da vicino quei sei minuti e mezzo di ciclo che rappresentano una Betlemme immaginata il 24 dicembre dell’anno zero, con il cielo che si colora e i personaggi che si animano. È aperto anche oggi, dalle 16 alle 19, grazie ai quattro volontari, tutti ex allievi della scuola, che si sono messi a disposizione perfino nei giorni di festa e che a Il Biellese hanno detto di aver contato più o meno 5mila visitatori. Si entra gratis, venti persone per volta. Succede di dover aspettare un po’. Non c’è coda invece al presepe gigante di Marchetto, ospitato da ormai quasi dieci anni nelle vie del centro di Mosso, sempre nel territorio di Valdilana. Si parte da piazza Italia, dove c’è la chiesa, e si passeggia tra viottoli stretti, cortili, negozi e perfino garage per ammirare le duecento figure a grandezza naturale che rappresentano arti, mestieri e perfino le sembianze di qualche vecchio e storico abitante della zona. È bello il presepe, lo è altrettanto Mosso con il suo aspetto di vecchio borgo prealpino. Si entra dalle 10 alle 22 a offerta libera. Poco distante da Mosso c’è Callabiana, con il suo presepe meccanico gigante nell’oratorio di San Carlo in frazione Nelva, lungo la strada dove è ancora tracciata la linea bianca del gran premio della montagna del Giro d’Italia 2024. Anche questo è a ingresso con offerta libera, aperto dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 18, ed è circondato da altri presepi. In uno dei punti d’incontro, in frazione Trabbia, oggi alle 15 ci sarà lo spettacolo per bambini dell’Elfo Elly e, per i più grandi, l’esibizione del sosia biellese di Adriano Celentano, il “Celentanino” alias Geniale Sicolo. Trabbia sarà raggiungibile anche con un bus navetta gratuito da Nelva. Non basta: in Valsessera, alla frazione Rivò di Coggiola, c’è un altro presepe “diffuso” come quello di Marchetto, con 130 statue a grandezza naturale che rievocano la vita quotidiana e i mestieri di un tempo. Anche questo è aperto dalle 10 alle 22.
Cosa succede in città
Oggi alle 13,30 su Rai2 c’è la consueta trasmissione in mondovisione del concerto di Capodanno da Vienna. E come negli anni passati ci sarà anche un pezzo di danza classica interpretato dal ballerino biellese Davide Dato, étoile del’Opera di Stato di Vienna
Oggi alle 15 al Piazzo apre anche nel giorno di festa la mostra dedicata a Steve McCurry e alle sue fotografie tra palazzo Gromo Losa e palazzo Ferrero. Resterà visitabile fino alle 19. Biglietti a 13 euro, ridotti a 10
L’atleta dell’anno 2028
I bilanci sul passato li fanno tutti. All’inizio di un anno nuovo è quasi più adatto un sogno. E la prospettiva, per chi fa sport e sogna in grande, è quella del 2028 e delle Olimpiadi negli Stati Uniti. Biella manca dai Giochi da troppo tempo: nessun convocato in azzurro nel 2024 parigino né nel 2021 di Tokyo, digiuno anche a Rio nel 2016. Bisogna tornare a Londra 2012 per trovare le mezzofondiste Elena Romagnolo e Nadia Ejjafini e il ginnasta Enrico Pozzo, peraltro alla sua terza partecipazione. E allora partiamo da lui, che oggi è allenatore della Libertas Vercelli dei miracoli (terza in Italia nella serie A femminile con la squadra dall’età media più bassa) e fa parte dello staff tecnico della Nazionale. Tra le sue allieve più talentuose c’è la biellese Artemisia Iorfino. Ha 15 anni e, nel 2028, sarebbe comunque più giovane di quanto lo era a Parigi Alice D’Amato, oro alla trave sei mesi fa. A BiSport Magazine, il mensile sportivo de Il Biellese che le ha dedicato la copertina di dicembre, ha raccontato l’emozione di aver preso tra le mani, nel ritiro collegiale estivo di Riccione, la medaglia d’argento di Angela Andreoli, una delle fate di Parigi. E poi ha svelato della visita di Andrea Casella, il responsabile tecnico dell’Italia, che le ha messe in fila davanti alla pedana e ha detto che da quel gruppo sarebbero uscite le atlete della Nazionale che verrà. «Punto alle Olimpiadi del 2028» è il proclama di Iorfino. «E se non ci arrivassi, ci riproverei per il 2032, non mi farebbe schifo». Per un’altra copertina di BiSport, quella di ottobre, la scelta era caduta su Vittoria Siletti su un podio con i colori dell’Italia Under 20. Erano i Mondiali di spada, con le azzurre medaglia d’argento grazie anche a una sua rimonta senza senso in semifinale con il Canada. La biellese, scuola Pietro Micca e oggi tesserata a Torino, ha anche lei Los Angeles nel mirino, in uno sport che in Italia ha una tradizione sconfinata di miniera di medaglie. C’è un altro podio, anche se solo europeo, che comincia a far pensare in grande: Chiara Munaretto, classe 2005, lo ha raggiunto nella corsa campestre, anche lei nella prova a squadre. Il mezzofondo biellese ha portato ai Giochi Elena Romagnolo (e prima di lei, a Barcellona 1992, Fabia Trabaldo) e ha tenuto per anni ai vertici nazionali Valeria Roffino, appena ritiratasi dall’agonismo. Forse è il momento di coccolare il sogno di aver trovato già un’erede.
L’ultima settimana gratis
Da oggi 6aBiella sarà un po’ noiosa e ripetitiva. Ma meglio dare più di una volta le informazioni più impattanti, come quella del passaggio della newsletter da gratuita a pagamento che comincerà dal 7 gennaio, ovvero fra meno di una settimana. Perché di martedì? Perché l’edizione del lunedì, quella che contiene anche la rassegna stampa di riassunto dei sette giorni precedenti, resta gratis per tutti gli iscritti. Dal martedì alla domenica invece solo gli abbonati paganti potranno leggere l’intera newsletter dalla prima all’ultima riga (che, come sapete, non sono poi tantissime). Grazie, intanto, a chi si è già abbonato senza aspettare il 7 gennaio. Per chi lo volesse fare, o anche solo sbirciare le condizioni di abbonamento, il link da seguire è questo.