Un aggiornamento sull'acqua
«L’obiettivo del mio mandato sarà essere utile al territorio per cercare di chiudere la partita» dice Andrea Fluttero, chivassese, 67 anni, ex senatore di Forza Italia e da quasi quaranta impegnato in politica. La partita è quella della gestione dell’acqua per i prossimi trent’anni nelle province di Biella e Vercelli più una fetta di zone di Casale e Valenza e di Torino attorno al lago di Viverone. Avrebbero dovuto arrivare a una decisione i sindaci riuniti nell’autorità d’ambito ma le due ultime assemblee non hanno dato un risultato definitivo, arenandosi davanti alla scelta tra affidare la gestione a una società partecipata dal pubblico (già formatasi con i Cordar del Biellese e della Valsesia dentro), a una società mista come quella che già si occupa del ciclo dell’acqua a Vercelli e dintorni oppure aprire a una gara europea dove può partecipare chiunque ne abbia i requisiti, superpotenze delle cosiddette multiutility fornitrici di servizi comprese. Il voto dell’assemblea propendeva verso l’affidamento alla partecipata a capitale pubblico ma non si è raggiunto il 75% necessario dei consensi per mettere nero su bianco la scelta. Così la Regione si è vista costretta dalle procedure di legge, le stesse che impongono l’affidamento a un solo gestore per l’intero ambito, a nominare un commissario che decidesse al posto dei sindaci. Si tratta, appunto, di Andrea Fluttero. L’auspicio della maggioranza che comprende l’intero Biellese è che rispetti l’esito del voto, benché rimasto sotto il quorum. Fluttero, che ha rilasciato le prime dichiarazioni nel suo nuovo ruolo a La Stampa, per ora non si sbilancia: «Il mio obiettivo è tenere conto di tutti i punti di vista, delle sensibilità e aspettative dei territori coinvolti. È il mandato datomi dall’ente che ha commissariato l’autorità d’ambito e che ha dovuto assumersi una responsabilità. A tal proposito ho chiesto alla Regione che mi diano indirizzi di mandato. Lo scopo dev’essere creare sistemi idrici integrati efficaci ed efficienti, e che riescano a migliorare ulteriormente la qualità del sistema con una tariffazione equa». Chi non ha nascosto il suo punto di vista è Roberto Pella, sindaco di Valdengo e parlamentare di Forza Italia. Il tempo di rammaricarsi per non essere stato scelto come commissario («Con dispiacere devo prendere atto che sul mio nome non ho visto convergere il parere del ministro Pichetto») e ha preso il ruolo di portavoce di chi vorrebbe rispettata la scelta della maggioranza: «Fluttero è persona che conosco» ha detto a Il Biellese, «è stato sindaco e per questo conosce l’importanza di mantenere l’acqua in mano pubblica». Il suo obiettivo è arrivare a una gestione che consenta un sistema di tariffe in base al reddito e con sostegni per i più fragili: «Con l’arrivo di un gruppo privato nazionale o internazionale non potrebbe avvenire perché queste imprese operano per fare legittimamente profitti».
Ipse dixit
“Ho sempre pensato che nell’area del monoblocco [del vecchio ospedale] dovesse sorgere un polo scolastico delle scuole superiori favorito da un’area di 50mila metri quadrati intorno. Una sorta di Città Studi delle scuole superiori che aveva un senso in quanto non struttura al servizio solo della città ma di tutto il Biellese. E mi sono sentito indirettamente confermato in questo disegno dal fatto che nel frattempo è stata spesa una montagna di milioni per affrontare il tema della sicurezza e dell’antisismico in tutti gli altri edifici occupati dalle scuole stesse”
(Eugenio Zamperone, ex direttore amministrativo dell’azienda sanitaria di Biella ai tempi del trasloco nel nuovo ospedale, intervistato da Eco di Biella)
Quando si fu vicini al museo del tessile
Oggi sembra frenare la parte pubblica, una manciata di anni fa i ricordi svelano che fu quella privata a levare il piede dall’acceleratore parlando di museo del tessile. Ecco la sommaria ricostruzione, con l’aiuto dei testimoni dell’epoca. Per il museo-archivio della storia imprenditoriale del territorio erano pronti soldi dall’Unione Europea messi a disposizione con i fondi di sviluppo Por-fesr, lo stesso piano di finanziamenti che ha consentito per esempio il trasloco della biblioteca in piazza Curiel. Trovare uno spazio era l’ultimo dei problemi: le scatole vuote a Biella abbondano, comprese quelle pubbliche. Il ballottaggio sembrava essere tra ex biblioteca di via Pietro Micca e palazzo Ferrero, che vuoto non è ma che presentava la possibilità di essere utilizzato – come già accade – come spazio espositivo. Il tutto, era la seconda metà del quinquennio della giunta di centrosinistra guidata da Marco Cavicchioli, prevedeva l’utilizzo di sole risorse pubbliche per la ristrutturazione e l’adattamento dell’edificio prescelto. Il tutto ovviamente avrebbe avuto tempi un po’ meno rapidi di un progetto a motore solo privato come quello attuale del Mulab di via Cernaia. Restava il nodo dei costi di gestione. Ed è lì che la trattativa con l’Unione industriale si arenò, quando da via Torino arrivò l’indisponibilità a farsi carico della spesa annuale per tenere aperto il museo. Ma di che cifra si tratta e come funziona altrove? Pierfrancesco Corcione, che dell’Unione industriale era ed è il direttore, ha quantificato in 370mila euro il costo annuo per gestire la nascitura struttura accanto alla Fondazione Pistoletto. Urge una premessa: praticamente nessun museo al mondo potrebbe restare aperto senza il sostegno della parte pubblica o il mecenatismo (vedi Cittadellarte, per fare un esempio vicino). A Prato, dove il museo del tessuto esiste da anni, l’ultimo bilancio facilmente consultabile è del 2021. Gli incassi da biglietti e negozio interno per libri e gadget sono quantificati in 189mila euro. Il contributo al funzionamento vale almeno tre volte tanto. Con 190mila euro i soci non pubblici esprimono il loro sostegno concreto. Il resto spetta al Comune di Prato. E che resto: nel solo 2021 169.500 euro di quota annuale più 160mila euro di contributo straordinario, un esborso che si rende necessario ogni dodici mesi verosimilmente per tenere i conti in equilibrio.
Cosa succede in città
Oggi alle 15 a Biella si gioca la partita di ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia di calcio femminile tra Juventus e Sampdoria. All’andata finì 4-0 per le bianconere che hanno quindi la qualificazione in tasca. L’ingresso sugli spalti dello stadio La Marmora-Pozzo è gratuito. I biglietti si possono prenotare a questo link
Oggi alle 16 a Cossato il ciclo degli “Incontri del pomeriggio” dell’università popolare UpbEduca propone la conferenza di Guido Parravicini, fisico che proporrà una visione inedita dell’evoluzione in natura. L’ingresso nella sede di via Martiri della Libertà 14 è libero
Il triverese che vinse Sanremo
Non c’è stata solo la vittoria di Rosangela Scalabrino in arte Gilda nel 1975 a dare lustro alla musica leggera fatta a Biella al Festival di Sanremo. Appena quattro anni dopo toccò al triverese Mino Vergnaghi la gioia del successo e del trofeo con la palma dorata e il leone. Anche nel 1979, come nel 1975, erano decisamente altri tempi: l’Italia guardava con un’indifferenza inimmaginabile ai giorni nostri ai cantanti e alle canzoni in riviera. La stessa Rai si accontentò di trasmettere in diretta la sola serata finale del sabato. Il giovedì e il venerdì i telespettatori si limitarono ad ascoltare le sei canzoni qualificate per la finale in uno speciale di mezz’ora trasmesso in seconda serata. Vergnaghi, all’epoca ventiquattrenne, arrivava da Il segno dello zodiaco, gruppo biellesissimo che aveva all’attivo una partecipazione a Un disco per l’estate e una coraggiosa reinterpretazione in chiave rock progressive della Toccata e fuga di Bach. Vergnaghi entrò nella formazione in seguito, quando arrivò un po’ di successo con “Parlami sotto le stelle”, cover di un brano scritto nel 1939. Faceva parte della band anche Claudio Botto Fiora, che poi compose, anni dopo, “Ing alé”, primissimo inno di Pallacanestro Biella negli anni della rinascita dalla serie B. Ing era lo sponsor di maglia. Diventato solista, Vergnaghi portò a Sanremo la canzone “Amare”, scritto da Piero Finà e Sergio Ortone. Tra i suoi rivali c’erano I Camaleonti, considerati favoriti, e perfino il comico Enrico Beruschi con il tormentone ripieno di doppi sensi “Sarà un fiore” anche se il brano che tutti ricordano “Tu fai schifo sempre” dei Pandemonium arrivò lontanissimo dai primi. Il triverese vinse e, invece di godersi il successo, dovette fare i conti con il fallimento della sua casa discografica che ne rallentò la carriera. Si trattò di avere pazienza e poi la musica italiana lo ritrovò come compositore: è tra i coautori della musica di “Diamante”, la canzone che Zucchero dedicò alla nonna e il cui testo è di Francesco De Gregori. A Sanremo tornò sempre da autore nel 2001: con “Di sole e d’azzurro” che aveva composto insieme a Zucchero, Giorgia si classificò seconda.