Un rapido fact checking
«Salvini sarà processato per aver difeso i confini e io per aver difeso il 41 bis per i camorristi»: si chiude così, con questa frase quasi fuori taccuino pronunciata (come annota chi ha redatto l’articolo) scuotendo la testa, un’intervista al sottosegretario biellese alla Giustizia Andrea Delmastro al Corriere della Sera. Una doverosa premessa, resa necessaria dal tintinnare di manette che risuona dagli anni Novanta attorno ai politici: chiunque è innocente, inclusi ovviamente Delmastro e Salvini. fino al terzo grado di giudizio, status che perde solo in caso di condanna definitiva. Ma è sbagliato dire che il parlamentare nostrano di Fratelli d’Italia sia a processo per aver difeso il 41 bis per i camorristi, come se quello fosse il capo d’imputazione del dibattimento in corso a Roma e che nei giorni scorsi ha visto la testimonianza del coinquilino e compagno di partito Giovanni Donzelli. Il reato per il quale Delmastro è a giudizio è rivelazione di segreto d’ufficio, accusa nata per aver comunicato proprio a Donzelli, che poi ha usato quelle informazioni in un intervento alla Camera, il contenuto di un rapporto dell’amministrazione penitenziaria che parlava delle visite di deputati del Partito Democratico in carcere (prerogativa concessa a chi siede in Parlamento e nei consigli regionali) ad Alfredo Cospito. Proprio del caso dell’anarchico, condannato per terrorismo per un ordigno collocato nei pressi di una caserma dei carabinieri, si parlava in quei giorni, per la sua richiesta di uscire dal regime del 41 bis, l’isolamento assai restrittivo ideato dall’ordinamento giudiziario italiano per tenere lontani da qualsiasi contatto gli appartenenti alla criminalità organizzata e poi utilizzato anche in altri casi come quello di Cospito. Non si parlava dunque di “camorristi” né Delmastro ha compiuto atti, legati al processo a suo carico, per fermare provvedimenti legati al regime carcerario più severo, peraltro giudicato in due occasioni dalla Corte europea dei diritti dell’uomo come in violazione del diritto di qualsiasi detenuto, anche degli ergastolani in cella per i reati più aberranti, alla riabilitazione. Il 41 bis prevede, tra le altre disposizioni, l’isolamento assoluto in una cella singola per 22 ore al giorno, il limite di tenere solo quattro libri per volta e di ricevere giornali considerati “di diffusione nazionale”, il divieto di appendere immagini alle pareti fatta salva una singola foto di famiglia e l’inserimento in un cosiddetto “gruppo di socialità” con altri tre detenuti sottoposti allo stesso regime carcerario. È grazie a questa modalità che Cospito è entrato in contatto con esponenti della criminalità organizzata, parlando con loro del 41 bis e tramando, secondo quell’intervento in aula di Giovanni Donzelli, per spingere lo Stato ad abolire il carcere duro. Il dettaglio era contenuto in un’informativa a cui Delmastro, in quanto sottosegretario, poteva avere accesso. Il processo si basa sul fatto che, secondo l’accusa, il documento era riservato e non poteva essere diffuso. La difesa di Delmastro sostiene invece che non erano presenti notizie coperte da segreto. Ma questo è il punto del processo e non la difesa del 41 bis per i camorristi. Che invece fa parte della legittima attività politica del parlamentare biellese e in quanto tale, viva la democrazia, non processabile in un’aula di tribunale.
Ipse dixit
“La difesa dei confini è sacra! Non si processa chi difende la Patria”
“Non esageriamo, era poi solo una festa di Capodanno!”(Botta e risposta su X tra il sottosegretario biellese alla Giustizia Andrea Delmastro e Lercio, canale satirico)
Un nuovo posto sicuro
La casa rifugio dell’associazione Underground ospita da anni donne e minori in fuga da situazioni familiari in cui rischiano la loro incolumità. Nel futuro prossimo ci sarà uno spazio anche per le vittime di violenze omofobe. L’annuncio, arrivato dal palco del Biella Pride di sabato scorso, è stato ripreso da Il Biellese. «È fondamentale avviare momenti di confronto» sono state le parole di Alessandra Musicò, presidente di Underground «per creare collaborazioni e dare una risposta ai bisogni di tutte le vittime di violenza. Proprio per questo, per poter ampliare un’accoglienza residenziale in emergenza, anche momentanea sul nostro territorio, il comitato del Pride in collaborazione con la nostra associazione, ha pensato di devolvere una parte della raccolta fondi destinata all’organizzazione dell’evento di oggi alla realizzazione di questo progetto». La necessità di avere un luogo sicuro anche per situazioni simili è sembrata più stringente in base all’episodio narrato da La Myss, la performer che rende omaggio nello stile e nel look a Myss Keta, ospite della manifestazione biellese: «A gennaio sono stata vittima di un’aggressione omofoba a Torino, nella centralissima piazza Vittorio da parte di 20 persone dai 14 ai 17 anni. Mi hanno spinta, buttata a terra, presa a calci e pugni in modo così selvaggio che non ho avuto neanche il tempo di pensare». Alessandra Musicò ha assicurato che nei progetti futuri di Underground ci sarà anche la prevenzione: «Bisogna superare il paradigma di genere ed estendere i servizi, i centri antiviolenza e le case rifugio alle vittime della comunità Lgbtq+, iniziando a citarle esplicitamente nelle campagne di prevenzione e sensibilizzazione per permettere a queste vittime silenziose e invisibili di tornare a vivere un’esistenza libera dalla violenza».
Cosa succede in città
Oggi alle 16 a Biella va in scena uno spettacolo con fini benefici sul palcoscenico del teatro Odeon: la commedia “A caccia… di guai” di Riccardo Servi sarà interpretata dalla compagnia della Crocetta. Parte dell’incasso, pari a 3mila euro, sarà destinato all’Associazione italiana per la sclerosi multipla. Una seconda replica è in programma alle 21
Oggi alle 18 a Cossato si apre il Food village, manifestazione a base di cibo da strada, birra e musica che sarà ospitata in piazza Croce Rossa nella zona del mercato coperto. Alle 21,45 salirà sul palco la Shary Band per un tributo alla disco music
Oggi alle 18,30 a Biella il programma del festival di cultura al femminile ContemporaneA vivrà un’anteprima con “Fai sentire la tua voce”: 33 donne biellesi sono state invitate a un incontro a microfono aperto in cui ognuna avrà due minuti di tempo per raccontarsi. L’appuntamento è da CreA arredamenti in via Bertodano 1
Oggi alle 20 a Vigliano comincia la festa di San Michele che coinvolgerà il quartiere fino a domenica: il primo appuntamento è con la cena piemontese nella piazzetta dei priori
Il rave che non lo era
Ha avuto molto spazio su Eco di Biella e Il Biellese di questa settimana la lunghissima lettera arrivata da un gruppo di “amici di Piedicavallo” che hanno messo nel mirino il Piedicavallo Festival o almeno la sua seconda parte, quella dedicata alla musica sperimentale ed elettronica. La lettera definisce questa sezione musicale «come una sorta di rave party ufficialmente riconosciuto e sovvenzionato dal Comune». L’affermazione è un puro ossimoro: i rave party nascono per occupare aree dismesse senza l’autorizzazione di nessuno e spesso, proprio perché illegali, vengono sciolti con l’aiuto delle forze dell’ordine. Il fatto di avere un programma pubblico, una biglietteria aperta almeno per alcuni eventi e un lasciapassare per i luoghi in cui si suona è quanto di più lontano da un rave. Vocabolario a parte, le accuse degli autori della lettera sono forti e cominciano dal rumore: «Questo evento si arroga il diritto di trasformare una sezione della valle del torrente Cervo in cassa di risonanza per un rumore sordo che dura ore e ore, dalla mattina a notte fonda, ossessivo e martellante». Non è l’unico problema agli occhi di chi protesta: niente ricchezza a Piedicavallo «perché i partecipanti si portano cibo e bevande da casa e dormono nelle tende, guai alla viabilità perché il flusso di persone intasa i pochi parcheggi, degrado (con segnalazioni di lavatoi e fontane usati «come bagni, docce e perfino bidet») e insicurezza perché le raccomandazioni degli organizzatori sottolineano di «non portare armi, vetro, oggetti contundenti, alcool, sostanze illegali e narcotici. Evidentemente si aspettano una tipologia di pubblico tale da ritenere insufficienti le leggi della convivenza civile e dello Stato italiano». Il quadro somiglia a un incubo anche se non sembra avere riscontri, almeno dal punto di vista dell’ordine pubblico, sul fronte di denunce o segnalazioni per il troppo rumore. Soprattutto, non ha riscontri in base a chi ha replicato alla lunga lettera. Ecco il punto di vista espresso via social dal profilo di Paola Piedicavallo: «Questa lettera manca di rispetto proprio nei confronti di chi il paese lo vive e se ne cura per tutto l’anno». La manifestazione viene definita come «tre sere di bellissima e benvenuta follia. Tre sere per le quali un gruppo di ragazzi lavora mesi, facendo vivere il paese. Gli stessi ragazzi che organizzano benissimo da anni il festival coinvolgendo artisti di fama internazionale e portando, al contrario di quanto affermato nella lettera, lavoro agli esercizi del paese, facendo poi un’accurata pulizia di ogni angolo toccato dalla manifestazione». Quanto agli autori della protesta, vengono definiti «uno sparuto gruppetto di persone frustrate che il paese lo vivono soltanto con il bel tempo per qualche giorno o al massimo qualche settimana e vorrebbero trovarci il silenzio che regna per tutto il resto dell' anno. Beh, potrebbero venire a viverci sempre così godrebbero di pace e tranquillità fino a stancarsene».