Allora chiamiamolo Giuseppe
«Non chiamatelo centro commerciale» dice il comunicato di Athena Srl, la società che ha presentato il progetto di Le Vette, il complesso con cinema multisala e quant’altro che dovrebbe sorgere tra Biella e Gaglianico. «Sarà un grande parco green del divertimento e offrirà 200 nuovi posti di lavoro» dice la nota che i giornali locali hanno pubblicato a turno negli ultimi giorni. Sembra un tentativo di addolcire pillole definendole in un altro modo, come il termine “termovalorizzatore” che ha sostituito “inceneritore” con il suo carico di negatività. Non c’è nulla di così brutto in un cinema a confronto con un impianto dove si bruciano rifiuti, ma in un territorio a suo modo scottato dai centri lontani dal centro (prima Esselunga e complesso de I Giardini, poi Gli Orsi), meglio usare giri di parole. Ma il progetto che cosa comprende? Estrapolando un po’ dei numeri pubblicati in questi giorni dai giornali locali, si parla di 11.994 metri quadrati dedicati a spazi per la vendita. Saranno circondati da cinque ettari di verde (cioè 50mila metri quadrati, ma dopo la riunione della commissione commercio del Comune si era parlato di 22mila) e, naturalmente, da strade di accesso con una rotonda nuova sulla Biella-Santhià in territorio di Gaglianico, parcheggi e una pista ciclabile. Tornando agli spazi commerciali, risulteranno per la maggior parte proprio a Gaglianico perché là insiste buona parte del vecchio fabbricato, che sarà sostituito dalla nuova costruzione con l’obiettivo di ridurre al minimo il consumo di suolo. Analizzando la quota dedicata al commercio, va lasciato fuori il cinema multisala da 3mila metri quadrati. Dei quasi 12mila previsti la fetta più grande, 2.233 metri quadrati, andrà a un grande negozio di articoli sportivi. Ne restano 9.761. Di questi 399 saranno destinati a negozio di generi alimentari. Supponendo che tutti gli altri spazi commerciali abbiano le medesime dimensioni, uscirebbero 24,4 punti vendita nel complesso. Diventa difficile non definirlo centro commerciale, a qualunque tipologia venissero destinati quegli spazi. Nel frattempo slitta di un paio di mesi il voto in consiglio comunale a Biella per dare il via libera al progetto, che sarebbe realizzato con 12 milioni di capitali privati delle famiglie Falco, Rizzetti e Caldesi azioniste di Athena Srl (e Caldesi non è omonimia, è proprio la famiglia della consigliera comunale di Fratelli d’Italia). I capigruppo di palazzo Oropa non hanno inserito dibattito e voto per la seduta di fine novembre, se ne riparlerà a gennaio.
Ipse dixit
“Si sono disputate a Campobasso, in Abruzzo…”
(Prima riga del comunicato stampa di una società sportiva biellese. L’errore geografico non fa che corroborare un’antica teoria complottista: il Molise non esiste)
Il dibattito su “Biella o brutta”
Dopo aver lanciato la notizia della nuova citazione televisiva di Biella, sempre con il suo vestito più cupo, nella serie televisiva di Amazon Prime “Monterossi”, La Stampa ha deciso di tenere aperto il filone e i microfoni che da quasi una settimana ormai mette sotto il naso di biellesi (e non) illustri o più semplicemente che si ritiene abbiano qualcosa da dire sul tema. Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, per esempio, ha suggerito alla città di restare grigia e anonima: «Nella vostra provincia il turismo non decolla ma meglio così, non finirete conquistati. Non avete problemi di immigrazione, non c’è presenza di clandestini, la criminalità di fatto non esiste, lavorare si lavora. Tutto il negativo che viene raccontato è in realtà una sorta di autotutela». Il rapporto di Sgarbi con il territorio è legato anche al fatto che qui è cresciuta sua figlia, frutto di una relazione con una donna di Biella. È più o meno l’unico parere su questa linea. Altri invece si dividono tra gli elogi di un luogo che è bello e ha tanto da offrire e le critiche alla scarsa comunicazione. Roberta Potasso, giornalista biellese caporedattrice a Mediaset, ha fatto un esempio: «Del festival letterario Fuoriluogo ho saputo per caso, invece anche a Milano avrebbe potuto interessare molti». Paolo Zegna, presidente della Fondazione Biellezza, l’ente privato che sostiene la promozione per chi vuole venire in visita o a vivere qui, promette di lavorare sodo su questo fronte: «Continueremo a impegnarci affinché il vento soffi ancora più forte e spazzi definitivamente via questa cappa negativa che purtroppo ancora aleggia sul territorio». Alberto Barbera, direttore della mostra del cinema di Venezia, sprona i suoi concittadini così: «Chi parla male di Biella in realtà non ci è mai stato. E allora invitiamoli a venire a vedere di persona». Vallo a dire a Peppo Sacchi che definisce «roba antica» anche la battaglia sul filo della legge che, attraverso Telebiella, aprì la strada alle tivù libere in Italia: «Siamo una città morta, abitata da zombie, che ruota attorno a un centro commerciale. Siamo rimasti la Biella di Quintino Sella, ma sono passati più di cent’anni». Merita un piccolo approfondimento a parte l’intervista che La Stampa ha dedicato a Barbara Varese, l’imprenditrice lombarda che ha creato La Bürsch, l’albergo-ristorante-centro benessere di Campiglia Cervo dove passava le estati da bambina: «In alta valle Cervo sempre più stranieri stanno comprando e ristrutturando abitazioni» ha testimoniato. L’articolo, sulla pagina Facebook del quotidiano, ha ricevuto un numero record di reazioni, non tutte positive: «Ho vissuto 25 anni in valle Cervo, mai più», «Biella è una città molto triste, i suoi abitanti sono freddi come il ghiaccio», «Perché un biellese dovrebbe andare a Campiglia Cervo in una country house?» sono stati alcuni dei commenti. All’ultimo ha risposto proprio Barbara Varese: «Perché si mangia molto bene, perché si può ascoltare bella musica, perché si può giocare a biliardo, perché si può fare yoga, perché si può festeggiare una notte romantica, perché si può ballare con i propri amici, perché si possono guardare stelle meravigliose».
Cosa succede in città
Oggi alle 11 a Biella le manifestazioni in occasione della giornata contro la violenza sulle donne si aprono con 24 ore di anticipo con la marcia delle panchine rosse durante la quale ne saranno inaugurate altre tre, nel piazzale della Provincia, nei giardini del Fondo Edo Tempia e in quelli del palazzo di giustizia. Alla manifestazione tra le panchine, ognuna delle quali reca un cartellino con le indicazioni per rivolgersi ai centri antiviolenza in caso di necessità, parteciperanno allieve e allievi delle scuole superiori
Oggi alle 14 a Biella varca la soglia del carcere lo spettacolo Schegge, prodotto da Opificiodellarte ispirandosi a un testo di Rossella Menegato con otto storie di donne vittime di violenza. Attrici e attori (Sofia Carlevaro, Elisa Maffeo, Camilla Peretto, Adele Pisani, Leonardo Romano) reciteranno per un pubblico di detenuti per reati a sfondo sessuale. La rappresentazione sarà replicata alle 16 ed è ovviamente chiusa al pubblico
Oggi alle 18 a Biella si apre la mostra fotografica “La bottega dei mestieri: vite a ogni scatto” con le immagini di Marida Augusto agli artigiani del laboratorio per persone con disabilità gestito dalla cooperativa Tantintenti. L’appuntamento è a Ca’ degli Studi, la caffetteria di Città Studi in corso Pella. L’ingresso è libero
Oggi alle 18 a Biella la biblioteca dei ragazzi Rosalia Aglietta Anderi sarà la sede della presentazione del libro “Canti dal mondo–Viaggio musicale alla scoperta dei popoli” scritto da Cecilia Pizzorno ed Ester Seritti con le illustrazioni di Giulia Orecchia. Ingresso libero ma prenotazione consigliata allo 015.3507651. L’appuntamento fa parte del calendario della settimana di “Nati per leggere”
Oggi alle 21 a Biella s’inaugura il nuovo organo della chiesa nuova di San Biagio, realizzato dall’artigiano biellese Alessandro Rigola, con un concerto a ingresso libero a cui parteciperà anche il vescovo Roberto Farinella. Suonerà Giuseppe Radini
Oggi alle 21 a Vigliano la band “Levre de Cuppi” porterà all’agriturismo La Fucina il suo tributo alla musica di Fabrizio De Andrè. Prenotazioni e informazioni al 340.3055264
Oggi alle 22 a Biella non ci sarà il concerto della Rhabdomantic Orchestra allo spazio Hydro di via Cernaia. L’appuntamento, annunciato nei giorni scorsi, è stato rinviato a data da destinarsi a causa di un lutto che ha colpito la band
A ognuno il suo Zerocalcare
Dev’essere una caratteristica del Piemonte orientale, o forse dell’Italia intera, quella di poter parlare male di noi stessi ma di inalberarci se qualcuno lo fa arrivando da fuori. La tempesta più recente riguarda Paolo Cognetti, vincitore di un premio Strega con il suo romanzo “Le otto montagne” che lo ha reso idolo di tutti coloro che amano le terre alte. O meglio, di quasi tutti perché da una manciata di giorni si sono chiamati fuori i valsesiani: è accaduto che Cognetti sia andato ospite a Radio Deejay per presentare il suo nuovo lavoro, “Giù nella valle”, e tra una chiaccierata e l’altra con Linus e Nicola Savino, gli è scappato di definire la Valsesia, scenario della narrazione, come «il pisciatoio d’Italia» perché piove spesso. Allo scrittore, come ribadito nell’intervista radiofonica, serviva «una valle più sporca, più rovinata, industrializzata, quasi una periferia urbana, dove Milano e Vercelli allungano i loro tentacoli. Ci sono il bowling, i cementifici, le cave e quindi il protagonista, il forestale, si aggira per la valle cercando di risolvere il suo piccolo caso cioè una scia di cani morti». Caratteristiche che in Valle d’Aosta, dove ha scelto di vivere, a suo avviso non ci sono. La reazione non si è fatta attendere, insaporita da quella che a spanne si direbbe una gaffe: il presidente dell’Unione montana valsesiana e sindaco di Quarona Francesco Pietrasanta ha reagito con un comunicato alle parole di Cognetti, esigendo le scuse e citando un passo in cui la valle è un luogo in cui «la pioggia sembra non fermarsi mai e gli uomini lavorano duro, fumano come se non ci fosse un domani e prima di tornare a casa passano dall’osteria a ubriacarsi. Le donne li attendono con pazienza, mandano avanti la casa, sopportano le brutalità e gli eccessi dei mariti». Pietrasanta si è imbufalito: «Fa male, e fa molto arrabbiare, leggere e parole così sprezzanti ribadite anche in interviste che l’autore rilascia con tono leggero e sorridente, infierendo senza farsi scrupoli». Dove sta la gaffe? Quel passo non appartiene al libro di Cognetti ma a una recensione comparsa sul sito Montagna.tv. Non per caso lo scrittore, nel suo comunicato, fa a meno di scusarsi: «Chi mi rivolge queste accuse non ha evidentemente letto il libro» dice. «Nel romanzo scrivo di Elisabetta, ragazza che ha lasciato Milano e si è innamorata di un montanaro della Valsesia anche per la bellezza della natura». Aggiunge di essere andato molte volte in Valsesia fin da bambino e si augura che, come per “Le otto montagne”, anche questo romanzo diventi un film ambientato nei luoghi descritti tra le pagine: «Abito nella regione di Rocco Schiavone. A leggere Manzini si direbbe che in Valle d'Aosta abbiamo tre omicidi al giorno e un serial killer la settimana. Ci ridiamo sopra, ci appassioniamo alle sue avventure, e un po' ci godiamo anche il turismo che ci porta. Sapete che arrivano i pullman di turisti a cercare i luoghi di Rocco Schiavone?». Per chi avesse una sensazione di già visto, basti un agile promemoria: Zerocalcare e Biella città morta. Commentarono in mille, buona parte dei quali probabilmente senza aver visto la serie del fumettista di Rebibbia. O senza averla capita.